L’Albania è molto vicina all’Italia, sia dal punto vista geografico che culturale. Ma in fatto di previdenza c’è ancora un abisso da superare. E non stiamo parlando della differenza fra la pensione di un albanese e di un italiano, bensì della possibilità di cumulare i rispettivi periodi assicurativi.
Manca un accordo bilaterale che consenta a chi ha lavorato in Albania e Italia di poter sfruttare i contributi versati a proprio favore. Come avviene con altri Paesi europei o con la Svizzera che non è in Ue ma vi sono molti italiani (frontalieri) che prestano lavoro oltre confine.
Italia e Albania: due pesi, due misure e due pensioni
Purtroppo chi ha lavorato in Albania per molti anni e poi è rientrato in Italia svolgendo egualmente attività lavorative e versando contributi all’Inps non può sommarli. Così, ad esempio, se un lavoratore all’età di 67 anni avesse 19 anni di contributi in Italia e 21 in Albania, non avrebbe diritto alla pensione italiana. In Albania sì (si esce, tra l’altro a 65 anni), ma solo per quanto riguarda il lavoro prestato in questo Paese.
Situazioni del genere, cioè dove non si ha il diritto di cumulo dei contributi, ce ne sono tante e molti italiani che magari hanno lavorato una vita sia all’estero che in Italia, non raggiungono i requisiti contributivi necessari per ottenere la pensione. E se percepiscono qualche reddito o non hanno la residenza stabile in Italia, manco l’assegno sociale per il quale è necessario rispettare determinati requisiti.
Lo stesso vale per gli albanesi che lavorano in Italia. E ce ne sono parecchi. I contributi versati all’Inps non si possono sommare a quelli presenti nelle casse previdenziali albanesi. Anche se per loro l’accesso alla pensione avviene prima che da noi.
Manca un accordo bilaterale
Il recente incontro fra la premier Giorgia Meloni e l’omologo albanese Edi Rama non ha sortito nulla di nuovo a favore dei lavoratori. Di cosa hanno parlato allora? Eppure la strada era già stata spianata dal precedente governo Draghi che aveva spinto il Parlamento a introdurre una riforma in questo senso (emendamento Nannicini alla legge di bilancio 2022).
Così il problema resta e a pagare il conto sono, come sempre, i lavoratori di ambedue i Paesi. Gli albanesi costituiscono una delle collettività più numerose e più integrate in Italia, con una lunga storia e con un evidente contributo lavorativo e sociale. Lo stesso dicasi per gli italiani che sono sbarcati da anni in Albania con le loro imprese e i loro lavoratori.
Insomma si tratta di una palese ingiustizia perché a tutt’oggi valgono ancora le regole previdenziali dei rispettivi Paesi. E non ha senso, visto il crescente interscambio di lavoratori e di interessi fra i due Stati. Come sostiene la CISL:
“un accordo in ambito previdenziale, attraverso la possibilità di totalizzare i contributi maturati in due paesi diversi, significa valorizzare questo ruolo e garantire un futuro pensionistico a persone che altrimenti, da qui a pochi anni, anche se vissute sempre del proprio lavoro, dovrebbero gravare sui rispettivi sistemi assistenziali, non raggiungendo i requisiti necessari per la pensione”.
Riassumendo…
- Chi ha lavorato sia in Albania che in Italia non può sommare i contributi per la pensione.
- Ancora nessun accordo per la firma della convenzione bilaterale.
- Molti lavoratori italiani, pur avendo lavorato molti anni, sono senza pensione.
- Idem per gli albanesi che sono presenti da anni in Italia.