Le elezioni politiche sono state portate a casa con successo. La nomina a premier è questione di pochissime settimane, il tempo che s’insedi il nuovo Parlamento e si formino i gruppi parlamentari. Da qui a meno di un mese, il governo Meloni sarà tenuto a battesimo. Sulla composizione della compagine impazza il toto-ministri, come sempre accade nella tradizione politica italiana. E moltissima attenzione è concentrata sull’identikit del prossimo ministro dell’Economia. Quanto sta accadendo a Londra in questi giorni segnala, se mai ne avessimo avuto bisogno, che persino le economie più solide rischiano la crisi finanziaria se non si mostrano convincenti sui mercati.
Cercasi ministro dell’Economia
Il successore di Daniele Franco dovrà essere una figura autorevole, meglio se nota e rispettata in Italia e all’estero, con idee chiare sulla politica fiscale, in particolare. Gli investitori sono in cerca di rassicurazioni. Per questo la premier in pectore Giorgia Meloni sta corteggiando da mesi Fabio Panetta. Classe 1959, già direttore generale alla Banca d’Italia, oggi è consigliere esecutivo alla BCE. L’economista si mostra contrario ad accettare la nomina, dato che tra un anno scade il secondo mandato del governatore Ignazio Visco e coltiva in cuor suo il desiderio di succedergli. Da ministro uscente di un governo in carica, la nomina sarebbe improbabile.
Non perse le speranze, tuttavia Meloni sta valutando diverse alternative in campo. Una di queste è Domenico Siniscalco, già ministro dell’Economia nel governo Berlusconi tra il 2004 e il 2005. Dato come finì al tempo, con le dimissioni sul tavolo alla vigilia della presentazione della manovra finanziaria, c’è da dire che i trascorsi non furono brillanti con il centro-destra. Per questo, c’è speranza ancora per Luigi Buttiglione, anch’egli ex funzionario di Bankitalia e oggi dirigente alla Howard Capital Management.
Il toto-ministri è diventato forse un po’ troppo fantasioso, al punto che si vocifera che Meloni lascerebbe in carica Daniele Franco per segnalare continuità sui conti pubblici con il governo Draghi. Addirittura, c’è chi azzarda che voglia nominare lo stesso premier uscente Mario Draghi. Siamo all’ipotesi del terzo tipo, visto che darebbe più che altro la sensazione di un auto-commissariamento e, soprattutto, l’ex governatore BCE non accetterebbe mai di essere “declassato” a ministro dell’Economia di un governo di parte. Neppure se ciò fosse propedeutico a un trasloco a Bruxelles alla Commissione europea o alla guida della NATO.
Serve identikit rassicurante
Il nome del prossimo ministro dell’Economia sarà importante, ma ancora di più l’immagine che si vorrà offrire a mercati e Unione Europea. Il rigore fiscale dovrà essere imprescindibile, così come lo spirito riformatore per ottenere i fondi del PNRR e potenziare il tasso di crescita dell’economia italiana. Il governo Meloni dovrà segnalare l’intenzione di voler percorrere la strada della riduzione del rapporto debito/PIL. Veniamo da un lungo decennio in cui il debito pubblico è salito e il PIL è sceso. La BCE ci ha sostenuti a colpi di tassi negativi e acquisti di BTp. Misure già disattivate per il ritorno dell’inflazione. I margini di ulteriore sostegno sono stretti e, soprattutto, dipenderanno dalla credibilità del sistema Italia. Senza, la BCE difficilmente muoverebbe un dito, se non a ridosso del precipizio.