Il premier Giuseppe Conte aveva avvertito i titolari di piscine e palestre che avrebbe assegnato loro sette giorni di tempo per adeguarsi ai protocolli sanitari, minacciandone la chiusura nel caso di non ottemperanza. Oggi è arrivato il nuovo Dpcm, con il quale si chiede ai titolari di impianti sportivi di segnalare alle Asl i positivi. Questa la novità saliente che emerge dal testo. Il segretario del SIGIS, Maurizio Castagna, non ci sta: “sarebbero le stesse Asl a non accettare le segnalazioni, perché intaseremmo gli ospedali.
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Spiega che ci sono stati fino a 200 controlli dei NAS al giorno tra palestre, piscine e palazzetti e non è stata riscontrata neppure una sola irregolarità. “In 66 anni di vita non mi era mai accaduto che un funzionario del NAS, dopo aver fatto i controlli nell’impianto in cui lavoro, mi avesse fatto i complimenti perché stava tutto in regola. Di solito, qualcosa la trovano sempre”. E il sindacalista si sfoga: “abbiamo seguito alla perfezione i protocolli e dopo ci minacciano di chiudere. Due sono le cose: o i protocolli erano sbagliati, ma allora era colpa loro, o vogliono trovare un capro espiatorio per l’emergenza Covid“.
Non solo non vi sarebbe alcuna ragione per chiudere gli impianti sportivi, i quali mediamente registrano da 0 a 2 casi positivi soltanto; secondo il segretario del SIGIS, le palestre riescono a garantire l’ottemperanza ai protocolli grazie alla turnazione, mentre le piscine sono sicurissime. Anzitutto, perché si trovano in grossi spazi con adeguata areazione e secondariamente operano un riciclo dell’aria al ritmo di ben 11 litri al secondo per persona, “che neanche negli ospedali”. E l’uso del cloro per pulire l’acqua abbatte di gran lunga la carica virale.
Piscine e palestre sono capro espiatorio
Secondo Castagna, quindi, gli attacchi allo sport sono frutto di “insipienza amministrativa”.
E rincara la dose: “chiudere lo sport è da imbecilli o criminali. Lei deve sapere che per ogni 1 euro investito nello sport, la sanità ne risparmia 7. Già oggi, come contribuenti risparmiamo 2 miliardi e se nessun italiano fosse sedentario potremmo arrivare a 5 miliardi all’anno”. Continua che l’attività motoria risulta fondamentale, specie per gli anziani. “Ma Lei sa quante conseguenze negative per la salute ci sono state con il lockdown? Molti ragazzi hanno assunto farmaci, altri si sono piantati davanti alla play station, molte persone più mature hanno avuto problemi di osteoporosi, per non parlare di chi ha disturbi di autismo”. “Ciò che difendiamo particolarmente è l’attività motoria di base, da distinguere dall’agonismo in funzione delle competizioni”.
In tutta questa gestione, qualche spunto positivo. Gli aiuti al settore sarebbero arrivati più puntuali rispetto alla generalità dei lavoratori, perché il Dipartimento Sport e Salute ha erogato il bonus 600 euro per i tre mesi del lockdown senza ritardi, sebbene “una famiglia non ci campa lo stesso”. Ma meglio di chi ha dovuto subire le vicissitudini della cassa integrazione, nota.
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Il mondo dello sport non evade le tasse
A questo punto, pongo a Castagna una domanda scomoda: “Palestre e discoteche sono finite nel mirino dell’opinione pubblica, perché da un lato chiedono aiuto allo stato, ma spesso sfuggono al pagamento delle tasse con la scusa di essere associazioni non a fine di lucro.
“Dobbiamo operare una distinzione tra le varie figure che esistono nel mondo dello sport. I gestori di impianti sportivi pubblici sono sottoposti a una doppia fiscalità: una di vantaggio e una ordinaria. La prima si deve al fatto che permettono ai ragazzi di svolgere quell’attività motoria di base che lo stato non sarebbe in grado di garantire. La seconda è legata all’essere vincitori di un bando. Per questo, non possono sfuggire a neppure un euro, devono pagare le imposte, l’IVA, tutto”.
La spiegazione prosegue con i titolari di società sportive, che portano i ragazzi a fare sport negli impianti pubblici. Tra di esse, ammette, così come tra i piccoli titolari di palestre o piscine, ci sono anche quanti non pagano le tasse. Si tratta di persone, in questo secondo caso particolarmente, che aprono un’attività e si auto-assumono come dipendenti di sé stessi, a cui è consentito di non pagare le imposte fino a 10 mila euro all’anno. Al di sopra di questa soglia, il regime fiscale è uguale a quello di tutte le altre imprese. Poi, ad esempio, pagano in nero qualche collaboratore, penso ai personal trainer. Ma questo accade in qualsiasi settore. Infine, ci sono i franchising, perlopiù di proprietà straniera, che sono vere e proprie società e che devono rispettare le leggi fiscali vigenti in Italia”.