Ne parlano un po’ tutti da settimane e in tutto il mondo. Il cacao è diventato più caro del rame e non era mai costato così tanto come oggi. Il prezzo per tonnellata questa settimana ha superato i 10.000 dollari, quasi quadruplicando in un anno e portandosi a +70% in un solo mese. E tra gli analisti finanziari è stato coniato un termine per descrivere questo fenomeno: “chocoflation”. Non serve avere tanta immaginazione per capire che sia la fusione tra “chocolate” e “inflation”. Parliamo dell’inflazione del cioccolato.
Le cause della chocoflation
Vale la pena riassumere brevemente quali siano i principali fattori che hanno spinto le quotazioni alle stelle. Per il quarto anno consecutivo si prevede che l’offerta di cacao nel mondo sarà inferiore alla domanda. Il deficit è stimato in 374.000 tonnellate. Dovete sapere che Costa d’Avorio e Ghana, due stati dell’Africa occidentale, da soli generano quasi il 60% dell’offerta mondiale. E in questi mesi registrano un crollo dei raccolti di circa un terzo rispetto alla stagione passata.
Alla base di questo trend negativo vi è la siccità provocata da El Niño, che ha provocato nei mesi scorsi un calo dei raccolti. Prima ancora era stato il maltempo ad avere impedito alle piante di cacao di crescere. E un virus letale per esse, diffusosi specialmente in Costa d’Avorio, ha fatto il resto. Ma, soprattutto, le piantagioni sono ormai datate. Risalgono agli inizi del Duemila e l’imprenditore del caffè, Riccardo Illy, ha spiegato che, come per le viti, man mano che invecchiano fruttano sempre meno. E questo è il grande problema strutturale alla base della “chocoflation”: il mercato non si aspetta che, cessate alcune cause contingenze, l’offerta riprenda a salire velocemente.
Spiccioli agli agricoltori africani
Mancano gli investimenti minimi necessari, anche perché negli anni passati il cacao era costato in media sui 2.500 dollari.
Consumatori in attesa della vera batosta
E anche questo crea e creerà sempre più nei prossimi mesi la “chocoflation”. Ammesso che fosse possibile trovare immediatamente nuovi terreni per accrescere le coltivazioni di cacao, non sta accadendo. I contadini non stanno beneficiando più di tanto del boom dei prezzi, per cui non correranno ad aumentare l’offerta. Stando così le cose, i consumatori europei subiranno certamente ulteriori conseguenze negative nei prossimi mesi. Tutti ci lamentiamo per i rincari di uova di Pasqua e cioccolatini a ridosso delle festività, ma sappiate che stiamo pagando le consegue di mesi addietro, quando la materia prima costava anche meno della metà di oggi.
Cosa accadrà quando il cacao sarà venduto sul nostro mercato proprio ai prezzi folli di queste settimane? Parliamo delle consegne per aprile/maggio. Sugli scaffali lo troveremo rincarato per l’estate. A quel punto, spiegano gli analisti, vi saranno diverse conseguenze per i consumatori. Allianz ne ha elencate alcune a proposito di “chocoflation”. Vediamole.
Meno cacao nei dolci
La prima possiamo definirla un caso specifico di “shrinkflation“. Alcuni produttori potrebbero trovare inopportuno scaricare del tutto gli aumenti sui prezzi.
Un’alternativa alla “shrinkflation” sarebbe la sostituzione (anche solo parziale) del cacao con ingredienti alternativi di costo inferiore. Un modo per combattere la “chocoflation” senza ridurre le quantità complessive. O ancora, le produzioni si concentrerebbero su prodotti dolciari con maggiori margini di profitto. Si tratterebbe di un upgrade per l’industria. Per i consumatori significherebbe trovare sugli scaffali meno cioccolatini e caramelle che costano poco e più prodotti di alta pasticceria. Sarebbe una reazione del tutto legittima e persino “smart” dei produttori. Poiché il cacao costa di più, meglio rivolgersi a quella clientela già disposta a spendere maggiormente per i dolci.
Prezzi più alti in estate
In alternativa a tutto questo resta la sempre valida soluzione di aumentare i prezzi. Ad oggi è avvenuto parzialmente. Come vi dicevamo, gli effetti della “chocoflation” non li stiamo notando del tutto. Li vedremo in tutto il loro dramma quando arriverà sugli scaffali il cacao venduto in queste settimane. C’è da dire che, essendo l’industria altamente concorrenziale, alla fine i produttori potrebbero decidere di dividere il conto con i loro clienti. Come? Riducendo la quota dei profitti, cioè scaricando sui prezzi solo parte del boom dei costi. Ed è probabile che avvenga, anzi auspicabile.
Chocoflation colpisce già in borsa?
Se così, però, l’industria dolciaria in borsa dovrebbe iniziare a scontare un calo dei titoli. La svizzera Nestlè effettivamente cede quest’anno il 3,3% contro il +4,8% messo a segno in media dall’intero indice azionario. E negli Stati Uniti si mostrano sottotono anche colossi come Hersley e Mondelez. La “chocoflation” sembra che abbia iniziato a colpire, non solo gli amanti dei dolci.