Wall Street e le borse di Europa e Asia hanno accusato il colpo giovedì scorso, quando hanno iniziato a serpeggiare forti timori su una possibile seconda ondata di contagi e la conseguente necessità per i governi di mezzo mondo di riattivare i “lockdown”. L’indice S&P 500 perdeva il 5,9%, la Borsa di Milano il 4,8% e il Nikkei-225 di Tokyo apriva i cali quotidiani globali segnando -2,8%. Per il momento, guardando alla curva dei contagi in Occidente il rischio non sembra elevato, sebbene qualche segnale preoccupante sia emerso negli ultimi giorni in paesi come la Germania e in molti stati degli USA, tra cui Arizona, Texas e California.
La paura per una seconda ondata di contagi e il rischio di un Natale esplosivo
Dall’1 luglio prossimo, le frontiere europee verranno aperte all’esterno, per cui sarà possibile viaggiare verso gli stati del mondo in cui non vigano espliciti divieti nei confronti dell’ingresso di cittadini comunitari o di specifici stati. Questa è almeno la proposta della Commissione, che obiettivamente sembra un po’ frettolosa sui tempi, se è vero che diverse aree del mondo non avrebbero nemmeno raggiunto il picco, tra cui alcuni paesi dell’America Latina.
La vera domanda che si stanno ponendosi tutti i governi è cosa fare nel caso in cui i contagi tornassero a salire e piombassimo in una seconda ondata della pandemia. La quarantena imposta per poche settimane e le conseguenti restrizioni alla libertà di movimento ed economiche hanno sconquassato già le economie, con i pil attesi in calo anche a doppia cifra per quest’anno e in risalita non così veloce come ci si immaginava dall’anno prossimo. E dire che per impedire il peggio le banche centrali hanno varato maxi-stimoli monetari e i governi hanno sostenuto i redditi con stimoli altrettanto ingenti di natura fiscale.
Cosa accadrebbe con una seconda ondata
Nel caso di una seconda ondata di contagi, attesa in Europa per l’autunno, eventualmente più probabile per la fine dell’anno, i governi non avrebbero più a disposizione risorse da utilizzare per tenere in vita le imprese e per evitare il collasso delle entrate tra le famiglie.
Se mediamente due mesi di blocco parziale o totale delle attività hanno provocato cali enormi delle produzioni industriali, contraccolpi violenti al terziario e crolli delle entrate fiscali, immaginatevi cosa accadrebbe con un bis a fine anno. Non solo l’entità delle perdite economiche monterebbe a livelli impressionanti, anche a causa del minore grado di sostegno dei governi ai redditi, ma si consideri che molte attività non avrebbero più modo di reggersi in piedi e chiuderebbero definitivamente battenti. Dalla piccola bottega a colossi come Hertz, sarebbero default a catena. E ciò creerebbe le premesse per un clima depressivo perdurante, perché il fallimento di negozi, uffici, fabbriche, bar e ristoranti sarebbe seguito da una lenta apparizione sul mercato di nuovi soggetti imprenditoriali, ma nel frattempo le casse degli stati si svuoterebbero, il fatturato delle imprese rimaste in attività si ridurrebbe e le tensioni sociali esploderebbero.
L’Italia è la grande economia che meno di tutte potrà permettersi un simile scenario, partendo da una condizione fiscale già pesantemente negativa. Per questo, azzardiamo che nel caso in cui arrivasse malauguratamente una seconda ondata di contagi, i governi si affiderebbero a misure molto meno restrittive di quelle imposte tra marzo e maggio.
Emergenza Coronavirus, con seconda ondata di contagi verso un’economia di resistenza