La Cina scruta Trump e soppesa benefici e costi di un accordo di pace

La Cina non si sbilancia sul nuovo corso americano, ma ne intravede benefici e costi a lungo termine. Xi Jiping resta guardingo.
33 secondi fa
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Tornato alla Casa Bianca da appena un mese, il presidente Donald Trump sta già sparigliando le carte e ben oltre ogni previsione. Attivissimo in politica estera, si pensava che avrebbe colpito principalmente la Cina, mentre finora è forse proprio il regime comunista di Xi Jinping a potersi dichiarare, se non soddisfatto, meno scontento del temuto. I dazi finora annunciati da Washington sono stati un escamotage per portare Pechino sul tavolo delle trattative, mentre gli sconvolgimenti geopolitici stanno scioccando l’Europa.

I dubbi di Xi

L’America è tornata a parlarsi con la Russia di Vladimir Putin e sul tavolo c’è già un possibile accordo di pace.

E questo è stato commentato positivamente dalla Cina, secondo cui si starebbe aprendo una “opportunità” per la fine delle ostilità in Ucraina. Ma Xi deve ancora capire come decifrare gli avvenimenti. Mosca è una sua alleata, per cui sarebbe teoricamente positivo che riuscisse a strappare un’intesa con il nemico. D’altra parte, in questi tre anni di guerra i russi hanno dovuto rivolgersi proprio alla Cina per non rischiare l’isolamento internazionale.

Russia dipendente dalla Cina

Insieme fanno parte dei BRICS, la combriccola degli stati emergenti in cerca di riscatto con un nuovo ordine mondiale. Rispetto al 2021, ultimo anno prima della guerra, la Russia ha aumentato le esportazioni di petrolio in Cina del 55% a una media di 2,17 milioni di barili al giorno nei primi 10 mesi dello scorso anno. E si prevede che quest’anno aumenterà le esportazioni di gas a 38 miliardi di metri cubi, segnando una crescita del 265% rispetto al 2021. Ma Xi sta evitando di emulare gli errori degli europei, puntando a sfruttare solamente a suo vantaggio l’interscambio ed evitando un’eccessiva dipendenza dalle forniture energetiche dell’alleato.

Infatti, il greggio russo incide per quasi il 20% e il gas per appena il 7% dei consumi totali.

Quando l’Europa ha ridotto le forniture di gas e petrolio dalla Russia, questa ha dovuto trovare nuovi acquirenti in Asia. Non solo Cina, ma anche l’India. Queste due potenze hanno potuto importare energia a forte sconto, anche di oltre il 35% rispetto alle quotazioni internazionali di greggio. E ciò si è tradotto in un vantaggio competitivo per le imprese cinesi e indiane, mentre quelle europee venivano soffocate dal boom dei costi di produzione. Non sarà un caso che l’inflazione cinese sia scesa finanche sottozero negli ultimi tempi e che Pechino stia combattendo con il rischio di deflazione?

Inflazione in Cina
Inflazione in Cina © License Creative Commons

Benefici e costi da accordo di pace

In caso di accordo, la Russia uscirebbe dall’isolamento e forse tornerebbe a vendere energia all’Europa. Ma questo per la Cina vorrebbe dire rinunciare al vantaggio sia geopolitico che economico di avere un alleato alle sue dipendenze. I benefici, tuttavia, ci sarebbero anche per Xi. La pace è precondizione per lo sviluppo dei commerci internazionali. E al Dragone conviene che gli stati importino ed importino senza grossi timori sul piano diplomatico.

Basti pensare alle sanzioni secondarie americane, che puniscono coloro che commerciano con stati o società sotto embargo.

C’è un dubbio che starà frullando nella testa del presidente cinese: l’eventuale fine delle ostilità con la Russia prelude forse a una maggiore attenzione degli Stati Uniti per l’Indo-Pacifico. E’ questa l’area del mondo ritenuta più strategica da Washington. Per questa ragione l’Europa sta per essere mollata a sé stessa. Per la Cina sarebbe un guaio. Gli americani vorrebbero contenere la sua forza navale e militare nella regione, impedendole di assurgere a potenza di pari grado a loro. Per quanto l’annessione di Taiwan non sia un progetto immediato per Pechino, con Washington a vigilare anche più di prima verrebbe del tutto accantonato.

Cina fiuta riassetto globale

Ma la Cina si terrebbe pronta a cogliere nuove opportunità dal riassetto globale. L’Europa è stata finora mercato di sbocco per le sue merci, ma con limitazioni dettate dalla geopolitica. Una separazione dagli Stati Uniti spalancherebbe le porte alla conquista definitiva del continente. La tecnologia cinese non sarebbe più osteggiata come adesso, né la dipendenza dalle materie prime necessarie per la transizione energetica sarebbe percepita più a Bruxelles come da evitare ad ogni costo. Anzi, noi europei ci “vendicheremmo” degli americani consegnandoci ai cinesi. Lo lascia supporre la nostra assenza di visione, oltre che di ragionamenti politici razionali.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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