Villa Lubin, Roma – La sede del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro Uno degli enti più inutili d’Italia è il Cnel, acronimo che sta per Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Benché si tratti di un organo di rilievo costituzionale, previsto dall’articolo 99 della Costituzione, il cui scopo è quello di fornire consulenza al Governo, alle Camere e alle Regioni avendo anche diritto all’iniziativa legislativa limitatamente alle materie di propria competenza, oggi il CNEL è di fatto un ente completamente inutile e andrebbe soppresso.
Un ente improduttivo che assorbe 18 milioni di euro all’anno
In primo luogo perché le sue funzioni vengono di fatto assolte da altre congregazioni (partiti, sindacati, Confindustria, uffici di statistica e ricerca, gruppi di pressione, ecc.), meno che dai consiglieri o dagli esperti di economia che in teoria dovrebbero dare pareri su richiesta o consigliare il governo riguardo alle migliori soluzioni da adottare per migliorare l’economia e il lavoro in Italia. A parte i risultati sconfortanti di questo ente improduttivo, di cui mai si sente parlare, alla luce dei più noti accadimenti economici, è bene capire qual è il problema di cui stiamo parlando. Non fosse per i 18 milioni di euro all’anno che assorbe dalle tasche dei contribuenti, potrebbe anche starsene lì come una statuina, in bella mostra nell’incantevole cuore di Villa Borghese a Roma. Ma il punto è proprio questo: i tre quarti del budget vengono assorbiti da un’ottantina di dipendenti, messi lì per elaborare proposte di legge e pareri in materia economica e sociale di esperti e consiglieri. Di consiglieri, nel parlamentino, ne siedono 64 (nominati dal Presidente della Repubblica), rappresentanti del lavoro dipendente, di quello autonomo, delle imprese e del terzo settore. Poi ci sono gli esperti nominati dal governo e un micro drappello di rappresentanti dei professionisti.
1.500 euro al mese per sfornare pareri inutili al governo e alle camere
I consigli, anche se inutilizzati, sono sempre retribuiti: circa 1.500 euro al mese, per un totale complessivo di quasi tre milioni di euro l’anno ed è un’indennità che si prende indipendentemente dalla presenza ai lavoro. Facile intuire che il Cnel prolifera regolarmente pareri e consigli che però finiscono quasi sempre nel dimenticatoio per la gioia di chi è costretto a pagare regolarmente sempre più tasse. Ma allora a cosa serve tenere in piedi questa baracca? Nel 1957, quando fu istituito per legge, poteva avere un senso immaginando il Cnel come il luogo del confronto tra le parti sociali e del loro contributo alle decisioni di politica economica e sociale. Era un periodo storico diverso, si era appena usciti dal dopoguerra e stava per prendere forma quello che poi è stato definito il boom economico italiano. Ma ora, a distanza di più di mezzo secolo, nel bel mezzo della globalizzazione e della moneta unica, dove le decisioni economiche vengono prese a livello europeo e dove i pareri e i consigli arrivano da Bruxelles sottoforma di direttive, non ha più alcun senso tenerlo in piedi. Va chiuso! Per il bene della collettività, per le tasche dei contribuenti. Già nel 1997 la Commissione bicamerale per le riforme costituzionali approvò un emendamento presentato dai senatori di Forza Italia per sopprimere l’art. 99 della Costituzione, ma il sollevamento dei sindacati e delle varie corporazioni ne impedì l’attuazione perché – secondo loro – era un organo di fondamentale importanza istituzionale e politica.
I consiglieri economici non servono e il Cnel li presta ai partiti politici
Come dargli torto? Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, per il voto del 24 e 25 febbraio si accinge, infatti,a prestare al mondo politico ben il 10% dei suoi consiglieri.