Deutsche Bank ha annunciato in settimana che non eserciterà l’opzione “call” in relazione al Co.Co Bond con prima data rimborsabile al 30 aprile di quest’anno e cedola 6% (ISIN: DE000DB7XHP3), emesso nel 2014 per un importo di 1,25 miliardi di dollari. La decisione è stata assunta a seguito della volatilità dei mercati finanziari in questa fase, che a giudizio della banca tedesca non renderebbe opportuno l’esercizio del rimborso. L’emissione è valutata “B1” da Moody’s, “BBB” da Fitch e “BBB+” da S&P.
Il Co.Co Bond, acronimo per “Contingent Convertible Bond”, è un’obbligazione convertibile a discrezione della banca e al verificarsi di determinate condizioni, vale a dire la discesa sotto i ratios patrimoniali minimi fissati in fase di emissione del titolo. Nel caso specifico, il “trigger” scatterebbe con un Common Equity Tier 1 (il capitale primario ponderato per i rischi) sotto il 5,125%, il minimo preteso dalla Vigilanza europea in uno scenario di stress.
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Cosa sono i Co.Co Bond
La reazione dei mercati è stata violenta. Il bond Deutsche Bank ieri perdeva quasi il 7,5%, scendendo a un prezzo inferiore a 79 centesimi, crollando del 33% in appena un mese. Chi lo acquistasse adesso si porterebbe a casa non solo una cedola effettiva del 7,6% rispetto all’investimento, ma anche un guadagno di quasi il 27% nel caso in cui la banca decidesse in futuro di rimborsare il titolo. Il Co.Co Bond, infatti, non ha di per sé alcuna scadenza, essendo per definizione “perpetuo”, prevedendo semplicemente date per l’esercizio della call.
Si tratta di obbligazioni subordinate del tipo “Additional Tier 1” (AT1), vale a dire le più rischiose che una banca possa emettere, in quanto il possessore può subire il rinvio o l’annullamento del pagamento della cedola e la conversione in azioni al verificarsi delle condizioni esplicitate nel prospetto informativo.
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Il caso Santander
Il mercato confida sempre che i Co.Co Bond vengano rimborsati alla prima data utile. Per la prima volta, lo scorso anno non fu così quando Santander decise di non esercitare la call, in quanto il rimborso avrebbe aumentato i costi. In effetti, ciò sarebbe avvenuto indebitandosi sul mercato a interessi superiori a quelli che sarebbero scattati dopo il mancato esercizio. Questo, in quanto i tassi vigenti sul mercato allora si mostrarono superiori ai rendimenti offerti con il passaggio dalla cedola fissa a variabile.
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Allora, però, non solo non vi fu alcun timore tra gli investitori, anzi la decisione venne accolta come il segno che l’istituto spagnolo potesse permettersi il lusso di indisporre il mercato, grazie alla solidità finanziaria e alla fiducia riscossa. Stavolta, è diverso. Le azioni Deutsche Bank sono crollate del 44% quest’anno, abbassando la capitalizzazione in borsa a 12 miliardi. Il piano del ceo Christian Sewing per salvare l’istituto continua a non convincere del tutto gli investitori, malgrado una capitalizzazione abbastanza elevata, con il CET 1 in area 13%.
Non a caso, l’indice dei Co.Co Bond europeo è sceso dell’11% in meno di un mese, adesso ai minimi dal luglio scorso. Il mercato teme, quindi, per la tenuta della principale banca tedesca, da anni in coma per via delle sue eccessive esposizioni verso la finanza speculativa.