La lotta all’evasione passa anche per l’assunzione di colf e badanti. Come previsto dalla manovra di bilancio per il 2020, il governo intende adottare nuove misure per far emergere il lavoro nero che si annida fra le mura domestiche. Colf e badanti sono, quindi, gli indiziati principali, ma anche i datori di lavoro, cioè le famiglie, saranno controllate.
Stando alle statistiche, l’evasione fiscale e contributiva che si genera nel lavoro domestico in Italia ammonterebbe a circa 3 miliardi di euro all’anno e riguarda circa 1,2 milioni di lavoratori, numeri in aumento considerato l’invecchiamento della popolazione e quindi la crescita di aiuti e assistenza fra le mura domestiche.
Datori lavoro domestico sostituti d’imposta
Tra le ipotesi allo studio del governo Conte per combattere definitivamente il lavoro “nero in abito domestico vi è la possibilità di rendere anche i datori di lavoro sostituti d’imposta. Infatti, oggi i datori di lavoro domestico per colf, badanti, baby sitter, governanti, giardinieri, ecc. non sono sostituti d’imposta, al contrario di quanto avviene per chi ha impresa o è titolare di partita iva. Per cui, oggi, chi assume in ambito familiare non versa imposte e contributi per il lavoratore e in busta paga non trattiene nulla. Spetta poi al collaboratore domestico pagare le tasse su quanto percepito. Al datore di lavoro compete solo l’obbligo di versare all’Inps i contributi previdenziali.
Cosa cambia per i datori di lavoro
Quello che si intende fare con la manovra di bilancio, invece, è rivoluzionare tutto il sistema di assunzione dei lavoratori domestici rendendo le famiglie datoriali sostituti d’imposta al pari degli altri datori di lavoro. Il che significa doversi assumere incombenze amministrative, burocratiche e fiscali nuove per le quali ci si dovrà necessariamente rivolgere a un commercialista.
Cosa cambia per i lavoratori
All’atto pratico, se per i datori di lavoro cambierebbero solo le incombenze, per i lavoratori domestici diminuirà il reddito disponibile al momento del pagamento pensile delle prestazioni. Già, perché, a quel punto la collaborazione si tradurrebbe in una vera e propria assunzione come lavoratore dipendente con tanto di trattenute Irpef, Inps e quota Tfr. Per cui una badante con stipendio mensile pari a 1.200 euro si ritroverebbe oggi con un netto in busta di 1.070 visto che la differenza verrebbe trattenuta alla fonte dal datore di lavoro. Non si tratta di un ammanco, ma solo di una partita di giro, poiché quei soldi di differenza dovrebbero comunque essere versati dalla colf o badante al fisco, per cui, alla fine dei conti, non cambierebbe nulla.
Il lavoro nero
Come già detto, la riforma ha come obiettivo quello di far emergere il lavoro nero e scoraggiare le assunzioni senza adeguata copertura contributiva e assicurativa. Ma allo stesso tempo potrebbe scoraggiare le famiglie datoriali costrette a rivolgersi a commercialisti per svolgere tutte le pratiche con aggravio di spese a loro carico. Colf e badanti non vedrebbero poi di buon occhio il fatto di ritrovarsi un netto in busta paga inferiore a quanto percepiscono adesso. Il che rischia di favorire ancora di più il nero e l’evasione fiscale anche perché questo tipo di attività è difficilmente controllabile agli ispettori proprio perché si svolge tra le mura domestiche e rimane nascosta.