Si tengono oggi a Riad i colloqui di pace tra le delegazioni di Stati Uniti e Russia sull’Ucraina. L’Arabia Saudita è stata la location individuata dalle due parti per cercare di negoziare un accordo dopo 3 anni di conflitto. Il regno al centro del palcoscenico mondiale, un fatto che fa felice il principe ereditario Mohammed bin Salman (MbS) e che può portare a breve ad un calo del petrolio sui mercati internazionali.
OPEC freno al calo del petrolio
Perché Riad? I sauditi sono alleati storici degli americani, ma dal decennio scorso hanno iniziato a stringere relazioni diplomatiche e commerciali sempre più intense anche con i russi.
Questi fanno ora parte dell’OPEC+, cioè sono membri esterni e alleati del cartello degli stati esportatori di greggio, coordinando la loro politica energetica. I vantaggi del nuovo formato sono stati evidenti durante la pandemia, quando sauditi e russi riuscirono a concordare forti tagli all’offerta, così da risollevare le quotazioni internazionali.
Rapporti ai minimi termini sotto Biden
Negli ultimi anni, tra Riad e Washington i rapporti sono stati quasi inesistenti. MbS e l’ex presidente Joe Biden non andavano per nulla d’accordo. Tutto ha origine nell’ottobre del 2018 con l’omicidio di Jamal Khashoggi, un giornalista critico della famiglia reale e ucciso nell’ambasciata saudita in Turchia. Il fatto provocò un’ondata di sdegno nel mondo e spinse successivamente l’allora candidato democratico alla presidenza a fare dichiarazioni contro Riad.
Al contrario, i rapporti con Donald Trump erano stati ottimi durante il primo mandato (2017-2021). Il rieletto presidente scelse proprio l’Arabia Saudita per il suo primo viaggio ufficiale all’estero nel 2017.
E anche questa volta ha confermato la sua stima per MbS, che può tornare a riprendersi la scena globale dopo anni in cui ha cercato di convincere l’establishment del pianeta dell’efficacia delle riforme nel suo regno. Tra queste, maggiori libertà alle donne e potenziamento del settore privato.
Trump reclama taglio dei tassi
Perché i colloqui di pace a Riad potranno portare ad un calo del petrolio? I sauditi guidano di fatto l’OPEC+, che ancora tiene l’offerta ridotta di 5,86 milioni di barili al giorno, circa il 5,8% dell’intera produzione mondiale. Essi stessi si sono accollati tagli volontari per 1 milione di barili al giorno. L’obiettivo resta sempre di sostenere le quotazioni. A dicembre, il cartello ha esteso ancora una volta i tagli di un anno alla fine del 2026. Il Brent continua ad oscillare intorno a 75 dollari al barile, anche se per nostra fortuna si è allontanato dai massimi recenti di oltre 90 dollari raggiunti nel marzo del 2024.
A Trump interessa il calo del petrolio per ridurre l’impatto sui prezzi al consumo e ottenere il taglio dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve. Certo, egli sostiene anche le trivellazioni americane e l’industria petrolifera si avvantaggia proprio di quotazioni alte. Non cerca un loro crollo, ma un ridimensionamento.
Ora che Washington e Riad sono tornate a parlarsi, la posizione dei sauditi può ammorbidirsi. Al prossimo vertice dell’OPEC+, in programma per la primavera, non è escluso che cambino parzialmente linea, accelerando le tappe per lo smantellamento del taglio dell’offerta.
Calo del petrolio in primavera?
Se accadesse, sul mercato registreremmo un calo del petrolio. Probabile che i sauditi abbiano già in mente il livello al di sotto del quale le quotazioni non dovranno scendere (65-70 dollari?). Stanno già ottenendo quello che chiedevano ufficiosamente da tempo agli alleati: il riconoscimento dello status di potenza regionale. Ospitare i colloqui di pace mette in risalto il regno, che in questi anni ha assunto una posizione di mediazione tra le grandi potenze della Terra. MbS diventa finalmente quel leader globale a cui aspirava sin dalla sua nomina a principe ereditario quasi un decennio fa. Trump potrà passare all’incasso e con lui tutti noi economie importatrici di greggio.