Sbagliare il momento in cui andare in pensione non è certo difficile. Le sfaccettature e le particolarità di ogni singola misura di pensionamento sono talmente tante che commettere errori, anche inconsapevolmente, non è raro. Il problema, quando si parla di pensioni, è che spesso l’errore è irreversibile, nel senso che, una volta commesso lo sbaglio, tornare indietro è impossibile.
Naturalmente ci sono errori ed errori. Per esempio, dimenticare di chiedere somme aggiuntive sul trattamento può essere recuperato negli anni successivi, godendo di arretrati fino a 5 anni indietro.
In questo caso, se ci si rende conto di un errore troppo tardi, è evidente che ciò che è più vecchio di 5 anni, se si tratta di somme perdute, rimane perduto. Ma se è la misura prescelta per andare in pensione ad essere sbagliata, allora non c’è nulla da fare. E, in effetti, sovente ci sono lavoratori che vanno in pensione con la misura sbagliata.
Chi può scegliere tra due diverse misure dovrebbe scegliere per il meglio, valutando tutto. E non bisogna mai fermarsi alla prima misura che si trova all’orizzonte, soprattutto se è una misura penalizzante.
Come andare in pensione evitando tagli e penalizzazioni, ecco come non fare errori
Un tipico esempio di errore che un lavoratore può commettere è quello tra Quota 103 e Quota 41 per i precoci. Sono due misure diverse, soprattutto come platea di riferimento, ma hanno come denominatore comune i 41 anni di contributi versati. Ci sono contribuenti che possono rientrare in entrambe le misure. La Quota 41 per i precoci è una misura che si consegue a prescindere da qualsiasi vincolo di età. Basta infatti rispettare le tre condizionalità contributive previste, che sono:
- Almeno 41 anni di contributi versati;
- Almeno 35 anni di contributi effettivi, senza i figurativi da malattia o disoccupazione;
- Almeno 12 mesi di contributi versati prima del diciannovesimo anno di età.
La Quota 41 per i precoci riguarda però solo 4 particolari categorie, che sono:
- Invalidi;
- Caregiver;
- Disoccupati;
- Addetti ai lavori gravosi.
Per invalidi nella Quota 41 per i precoci si intendono quelli con almeno il 74% di invalidità civile.
La pensione di Quota 103, non c’è niente di più penalizzante di questa misura
La Quota 103 non ha limiti di platea, ma ha un vincolo anagrafico da rispettare. Infatti, i requisiti utili alla Quota 103 sono:
- Almeno 41 anni di contributi versati;
- Almeno 35 anni di contributi effettivi, senza i figurativi da malattia o disoccupazione;
- Almeno 62 anni di età.
A differenza della Quota 41 per i precoci, la Quota 103 è aperta a qualsiasi lavoratore. Tuttavia, la pensione è calcolata interamente con il sistema contributivo e non può superare 4 volte il trattamento minimo come importo. Inoltre, con la Quota 103 non si può svolgere alcuna attività lavorativa che non sia quella di lavoro autonomo occasionale se non supera 5.000 euro di reddito all’anno. Altrimenti, è vietato arrotondare con qualsiasi reddito da lavoro ciò che si percepisce con la Quota 103.
Il confronto tra due diverse pensioni andrebbe sempre fatto, la guida alla convenienza
È evidente che se qualcuno rientra in entrambe le misure, inevitabilmente dovrebbe scegliere la Quota 41 per i precoci, che è una misura senza i tre vincoli prima esposti. Perché anche il solo fatto che una pensione non può superare 4 volte il trattamento minimo con la Quota 103, per chi dovrebbe avere una pensione più alta, deve far propendere verso la Quota 41 per i precoci, che non ha alcun limite di importo.
Per tutti gli anni che passano dall’uscita con Quota 103 ai 67 anni di età, il taglio della pensione non si recupera più.
Occhio alle misure già maturate, possono tornare utili dopo
Un altro comune errore che si commette è quello di scegliere la misura in vigore adesso anziché optare per una misura che non è più in vigore ma di cui è stato maturato il diritto in passato.
Per esempio, c’è chi aveva maturato al 31 dicembre 2021 38 anni di contributi e 62 anni di età. E questi sono i requisiti utili alla Quota 100, una misura sostituita dal 2022 dalla Quota 102 e dal 2023 dalla Quota 103. Paradossalmente, un soggetto che alla fine del 2021 aveva già 38 anni di contributi, nel 2024, continuando a lavorare, arriva a 41 anni di versamenti. E quindi, a 65 anni di età quanti ne ha oggi, può rientrare nella Quota 103.
Ma guai a non guardare indietro. Perché, come detto, oltre ad aver maturato oggi il diritto alla Quota 103, aveva maturato in passato il diritto alla Quota 100.
E tra le due misure è inevitabile che la seconda sia più favorevole. Perché la Quota 100 non prevede tutti i vincoli che adesso ha la Quota 103. Solo il divieto di cumulo dei redditi da lavoro con i redditi da pensione vale anche per la Quota 100. Invece, il limite delle 4 volte il trattamento minimo e il calcolo contributivo della pensione per la Quota 100 non ci sono.
E se consideriamo che un lavoratore che ha maturato almeno 18 anni di contributi entro la fine del 1995 avrebbe diritto al calcolo retributivo fino a tutto il 2011, il taglio di assegno per una pensione a calcolo completamente contributivo può superare il 30%.