Mancano poco più di due mesi alla fine del 2022 ed è tempo di bilanci e scelte. Avviare un’attività tutta propria (staccandosi da mondo del lavoro subordinato o perché non avendo lavoro lo si vuole creare).
Laddove si hanno le idee ben chiare, non è difficile scegliere il tipo di attività da svolgere. Negli altri casi è meglio rivolgersi ad un esperto del settore (in genere un consulente fiscale) per sciogliersi qualsiasi dubbio.
Tra questi, ad esempio, se è possibile aprire partita IVA nonostante un protesto in atto e nonostante si abbiano debiti verso terzi (che possa essere una persona fisica, una società o lo Stato).
Aprire una partita IVA non presenta molte difficoltà. Anzi se si ha dimestichezza con i servizi telematici dell’Agenzia Entrate, Registro Imprese ed INPS, si può procedere anche da soli. Nella maggior parte dei casi però è meglio rivolgersi ad un commercialista. Nemmeno i tempi sono lunghi.
L’apertura dell’attività è immediata. I costi iniziali non sono molti, se non quelli per il consulente che ha fatto la pratica ed eventuali diritti di segreteria se è richiesta anche l’iscrizione al citato Registro imprese.
La partita IVA è come la propria auto però. Servono soldi per mantenerla.
La partita IVA non è gratis
Avere partita IVA implica costi fissi e variabili da sostenere. I costi fissi sono quelli che, a prescindere dal guadagno, bisogna pagare. Ne sono qualche esempio:
- pagare i contributi INPS fissi sul minimale reddituale (se si è iscritti alla Gestione artigiani e commercianti)
- i contributi alla cassa previdenziale obbligatoria se trattasi di professionisti
- il diritto camerale annuale (se iscritti al Registro imprese)
- il commercialista per eventuali consulenze e, comunque, per gli adempimenti obbligatori
- sostenere le normali spese di gestione (utenze, affitto, ecc.)
- pagare le retribuzioni se ci si avvale di dipendenti e collaboratori
- le imposte da pagare (IRPEF, IRAP, imposte sostitutive, ecc.).
Sono esempi di costi variabili, le utenze.
I debiti sono ostacolo?
Avere un protesto significa avere debiti non pagati. Può essere andato in protesto, ad esempio, un assegno. Il beneficiario dell’assegno è andato a riscuoterlo e non c’erano soldi sul conto corrente di chi lo ha emesso.
Avere debiti verso il fisco, significa, ad esempio, non aver pagato imposte ed aver ricevuto avviso di accertamento da parte delle Entrate in cui si chiede di mettersi in regola e non lo si fa.
Ad ogni modo chi è protestato o, comunque, chi ha debiti verso altri soggetti, non è tagliato fuori dalla possibilità di mettersi a lavorare. Che sia come lavoratore autonomo o come lavoratore dipendente. D’altronde se non si lavora come si fa a produrre reddito e, quindi, ad estinguere i propri debiti?