Per calcolare la pensione in modo corretto in base ai contributi versati è fondamentale non fare tre errori. Come canta Emma Marrone con il brano Le Cose Che Penso: “Ridi quando il tempo punta il dito sugli errori, punterà verso la luna quando arriveranno amori. Non avere pregiudizi sulle mani che hai davanti, anzi tu prendile se arrivano, stringile se tremano”. Nessuno di noi è perfetto e per questo motivo è più che normale che possiamo commettere degli errori.
Alcuni di questi, purtroppo, possono avere un pesante impatto sulla nostra esistenza.
Pensione, le differenze tra il metodo di calcolo contributivo, retributivo e misto
Stabilire a priori l’importo della pensione non è possibile. Questo perché sono diversi gli elementi che contribuiscono a determinare il valore finale, come ad esempio il metodo di calcolo utilizzato. Quest’ultimo differisce a seconda dell’anzianità contributiva maturata dal lavoratore al 31 dicembre 1995. Entrando nei dettagli, la pensione è calcolata con il sistema contributivo per coloro che alla data prima citata non hanno maturato contributi. Per coloro che al 31 dicembre 1995 hanno maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni, invece, si applica il sistema retributivo per i contributi maturati fino al 31 dicembre 2011. E’ utilizzato il metodo contributivo per i contributi maturati in seguito. Come spiegato sul sito dell’Inps, infatti, si applica a tutti i lavoratori:
“il sistema di calcolo contributivo sulla quota di pensione corrispondente alle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2012”.
Su quest’ultimo incide il coefficiente di trasformazione che è più alto all’aumentare dell’età in cui si va in pensione.
Come calcolare la pensione in modo corretto in base ai contributi versati
Per calcolare la pensione con il metodo contributivo bisogna applicare al montante contributivo il coefficiente di trasformazione, che differisce a seconda dell’età del lavoratore al momento in cui va in pensione. Ma come si calcola il montante contributivo? Ebbene, come spiegato sul sito dell’Inps, per determinare il montante individuale dei contributi bisogna:
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“individuare la base imponibile annua, cioè la retribuzione annua per gli iscritti alle gestioni pensionistiche dei lavoratori dipendenti ovvero il reddito annuo per gli iscritti alle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi, corrispondente ai periodi di contribuzione (obbligatoria, volontaria, figurativa, da riscatto, da ricongiunzione) fatti valere dall’assicurato in ciascun anno;
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calcolare l’ammontare dei contributi di ciascun anno moltiplicando la base imponibile annua per l’aliquota di computo del 33% per i periodi di contribuzione da lavoratore dipendente, ovvero per l’aliquota di computo di anno in anno vigente per i lavoratori autonomi e per i parasubordinati;
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sommare l’ammontare dei contributi di ciascun anno, rivalutato annualmente sulla base del tasso annuo di capitalizzazione risultante dalla variazione media quinquennale del PIL nominale, appositamente calcolata dall’ISTAT con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare. Il tasso di capitalizzazione è stato modificato da ultimo dal decreto legge 21 maggio 2015, n. 65″.
Tre errori da non fare
Nel momento in cui si calcola la pensione con il metodo contributivo è bene non fare alcuni errori. Non parliamo di errori che possono compromettere l’accesso al trattamento o per cui si rischia di avere un assegno più basso. Bensì ci riferiamo a dei falsi miti da sfatare, come ad esempio quello dell’equità del sistema contributivo.
Per finire, non bisogna utilizzare il sistema contributivo solamente per far quadrare i conti pubblici. Nel corso degli anni, infatti, i vari governi hanno trovato nel sistema contributivo la soluzione, immediata, per offrire delle misure di pensione anticipata senza gravare sul bilancio pubblico. Al fine di garantire a tutti i cittadini dei trattamenti equi, però, è fondamentale una riforma strutturale grazie a cui mettere in campo delle misure volte a garantire una sostenibilità nel lungo periodo.