Il divorzio segna la fine di un matrimonio, ma non necessariamente pone fine a tutti gli obblighi tra i coniugi. Uno dei temi centrali e spesso oggetto di controversie legali è l’assegno di mantenimento.
Questo istituto giuridico ha lo scopo di garantire il supporto economico al coniuge che, dopo la separazione, non è in grado di sostenersi autonomamente. In questa guida analizzeremo a fondo l’assegno di mantenimento, esplorando tutte le variabili che incidono sulla sua concessione, durata e cessazione.
Che cos’è l’assegno di mantenimento?
L’assegno di mantenimento è una somma di denaro che uno dei due coniugi è obbligato a versare all’altro dopo il divorzio, con l’obiettivo di compensare la disparità economica tra le parti.
La legge stabilisce che l’assegno di mantenimento ha la funzione di ammortizzare l’impatto economico che la separazione può avere sul coniuge più debole. L’obbligo di mantenere lo stesso stile di vita precedente al divorzio è un principio fondamentale del diritto di famiglia, soprattutto quando uno dei coniugi si è dedicato maggiormente alla famiglia, sacrificando le proprie opportunità professionali.
Come si calcola l’assegno di mantenimento?
La determinazione dell’ammontare dell’assegno di mantenimento non segue una formula fissa, ma dipende da diversi fattori che il giudice valuta caso per caso.
- Reddito di entrambi i coniugi: il reddito del coniuge più abbiente è essenziale per stabilire l’importo dell’assegno, così come il reddito e le risorse dell’ex coniuge che lo richiede.
- Tenore di vita durante il matrimonio: l’assegno mira a mantenere, per quanto possibile, il livello di vita che l’ex coniuge beneficiario aveva durante il matrimonio.
- Durata del matrimonio: un matrimonio più lungo spesso giustifica un assegno più elevato o di maggiore durata, poiché si presume che in matrimoni più lunghi uno dei coniugi abbia sacrificato di più in termini di carriera o indipendenza economica.
- Situazione patrimoniale: le proprietà immobiliari o altri beni rilevanti posseduti da ciascun coniuge vengono considerati nel calcolo dell’assegno
Inoltre, l’importo dell’assegno può subire variazioni nel tempo a seguito di circostanze come la perdita del lavoro, una nuova unione matrimoniale o un cambiamento significativo nelle condizioni economiche di uno dei coniugi.
Quando l’assegno non è dovuto?
Nonostante il mantenimento sia un diritto previsto dalla legge, esistono situazioni in cui l’ex coniuge non ha diritto all’assegno di mantenimento. Vediamo i principali casi.
L’addebito della separazione
Il concetto di “addebito” riguarda l’attribuzione della colpa per la rottura del matrimonio. Se uno dei coniugi viene considerato responsabile del fallimento del matrimonio, ad esempio per adulterio o abbandono del tetto coniugale, potrebbe perdere il diritto al mantenimento.
Questo è un aspetto rilevante perché, se il giudice accerta che la separazione è stata causata dalla condotta di uno dei coniugi, questo non avrà diritto all’assegno di mantenimento, ma potrebbe ricevere solo un assegno alimentare, una cifra inferiore, destinata a garantire il minimo indispensabile per la sopravvivenza.
Adeguatezza del reddito
Un altro caso in cui l’assegno di mantenimento non è dovuto si verifica quando il coniuge beneficiario ha un reddito sufficiente per mantenere lo stesso tenore di vita avuto durante il matrimonio.
In altre parole, se l’ex coniuge è economicamente indipendente, non sarà necessario un assegno di mantenimento, ma solo un contributo per i figli, qualora ve ne siano.
Durata dell’assegno di mantenimento
Una delle domande più frequenti è: per quanto tempo si deve pagare l’assegno di mantenimento? Non esiste una risposta universale, poiché la durata dipende da molteplici fattori. In generale, non vi è un termine prestabilito per la cessazione del mantenimento, e il versamento continua fino a quando non interviene una modifica delle condizioni economiche o personali.
Istanza di revisione
Il coniuge obbligato al mantenimento può richiedere al giudice una revisione delle condizioni dell’assegno qualora si verifichino cambiamenti significativi, come l’aumento del reddito dell’ex coniuge o una nuova convivenza o matrimonio di quest’ultimo. L’onere di presentare tale istanza spetta sempre al coniuge obbligato, che dovrà dimostrare le mutate circostanze.
Casi in cui l’assegno può cessare
Vi sono specifiche situazioni in cui il diritto all’assegno di mantenimento può decadere:
- Nuova unione matrimoniale: se l’ex coniuge si risposa, il diritto all’assegno di mantenimento decade automaticamente.
- Autosufficienza economica: Quando l’ex coniuge acquisisce un reddito tale da potersi mantenere autonomamente, il giudice può decidere di sospendere il pagamento dell’assegno.
- Cambio delle condizioni economiche: se il coniuge obbligato al mantenimento subisce una drastica riduzione del proprio reddito o patrimonio, è possibile richiedere una revisione o la cessazione del pagamento.
Alcune sentenze sull’assegno di mantenimento
Un punto di svolta nel panorama giuridico riguardante il mantenimento è rappresentato dalla sentenza Grilli, emanata dalla Corte di Cassazione. Questa sentenza ha introdotto una nuova visione dell’assegno di mantenimento. E ha sottolineato che il matrimonio non deve essere considerato una forma di garanzia economica permanente per il coniuge meno abbiente.
La sentenza stabilisce che, una volta concluso il matrimonio, ciascun coniuge deve provvedere a sé stesso. E che l’assegno non può più essere giustificato esclusivamente sulla base del tenore di vita matrimoniale. Questo cambiamento sposta l’attenzione sull’autosufficienza economica, limitando l’obbligo di mantenimento solo a casi in cui l’ex coniuge non sia in grado di mantenersi autonomamente.
Di recente, tra le sentenze sull’assegno di mantenimento, è sopraggiunta l’ordinanza n. 20507/2024, emessa dalla Corte di Cassazione. In tale circostanza è stata esaminata la questione riguardante l’eventuale concessione di un assegno di mantenimento a favore dell’ex coniuge in caso di matrimonio di breve durata. In tale contesto, la Corte ha definito i criteri che regolano il diritto a questo sostegno economico. E ha evidenziato come la brevità dell’unione coniugale possa, in determinate circostanze, escludere il riconoscimento dell’assegno di mantenimento.
Aspetti fiscali
Quando si tratta dell’assegno di mantenimento all’ex coniuge, sorgono anche implicazioni fiscali. Il coniuge che eroga l’assegno ha diritto alla deduzione nella dichiarazione dei redditi. Ma solo sulla parte destinata all’ex coniuge, escludendo quella riservata al mantenimento dei figli.
D’altro canto, l’assegno rappresenta un reddito per l’ex coniuge che lo riceve. Ma solo per la quota relativa al proprio mantenimento, senza includere quella destinata ai figli.
Considerazioni finali sull’assegno di mantenimento
L’assegno di mantenimento è uno strumento giuridico complesso, pensato per riequilibrare le disparità economiche tra i coniugi dopo il divorzio. Tuttavia, non è una garanzia automatica e dipende da una serie di fattori specifici. Come la colpa nella separazione, l’indipendenza economica dell’ex coniuge e la durata del matrimonio. La legge, specialmente dopo la sentenza Grilli, pone l’accento sulla capacità dei coniugi di sostenersi autonomamente una volta concluso il matrimonio.
In conclusione, l’assegno di mantenimento non è una soluzione definitiva e permanente. Ma è soggetto a continui cambiamenti che riflettono le evoluzioni nelle condizioni economiche e personali dei coniugi.
Riassumendo…
- L’assegno di mantenimento garantisce supporto economico al coniuge meno abbiente dopo il divorzio.
- L’importo si calcola considerando reddito, tenore di vita e durata del matrimonio.
- Non è dovuto in caso di Addebito o autosufficienza economica dell’ex coniuge.
- La sentenza Grilli promuove l’autosufficienza economica e limita l’obbligo di mantenimento.
- La durata dell’assegno dipende dalle circostanze, ma può essere modificata nel tempo.
- L’assegno cessa con nuova unione matrimoniale o autosufficienza dell’ex coniuge.
- Attenzione anche ai risvolti fiscali.