Eurozona a rischio deflazione. E già questo scenario risultava impensabile fino a non molto tempo fa. Quale che fosse la congiuntura internazionale e quella domestica, i prezzi al consumo in Italia salivano di anno in anno a ritmi anche veloci. Presso le altre economie del Vecchio Continente, le cose andavano spesso similmente, con eccezioni virtuose, come quella della Germania. Nel grafico di sotto, notiamo che l’inflazione nell’era pre-euro è stata piuttosto alta quasi ovunque, pari a un cumulato 600% in Italia, 640% in Spagna, 237% in Francia e, addirittura, uno strabiliante 2.414% in Grecia.
Con l’euro, la musica è cambiata per tutti. La stessa Grecia ha accumulato un’inflazione di “solo” il 54% dal 1998 ad oggi, segnata anche dalla fase deflattiva dopo lo scoppio della crisi del debito sovrano. In Italia, si scende al 44,4%, sotto il 57% della Spagna, ma ancora sopra il quasi 35% della Francia e il meno del 36% della Germania.
Ed ecco che i tassi d’inflazione medi sono crollati con il passaggio dalle monete nazionali all’euro, più che dimezzandosi nella stessa Germania. Vi hanno contribuito svariati fattori, che poco c’entrano con la moneta unica, come la globalizzazione, l’avanzamento tecnologico e l’invecchiamento della popolazione. Ad ogni modo, l’Italia è passata da un’inflazione media annua del 9,2% a una dell’1,7%. La Grecia dal 15,8% al 2%. La Spagna dl 9,5% al 2,1%. La Francia dal 5,7% all’1,4%. La Germania dal 3% all’1,4%. Decimale più, decimale meno, la convergenza c’è stata vistosamente.
Ne consegue che i prezzi hanno rallentato ovunque la loro cosa e che per raddoppiare impiegano molti più anni dell’era pre-euro. In Italia, nel periodo preso come riferimento per la lira, ci servivano meno di 8 anni, sostanzialmente quanto in Spagna.