La tassa sui rifiuti è quella imposta a carattere locale che i proprietari e gli utilizzatori degli immobili devono versare al Comune dove è collocato geograficamente l’immobile. Si tratta del corrispettivo dovuto per la partecipazione del cittadino alle spese per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti che gli enti locali devono sostenere. Non sempre però questa tassa è dovuta, perché fin dal 2014, quando fu istituita, sono stati previsti numerosi casi di esonero, esenzioni e riduzioni. Per questo dobbiamo approfondire il come non pagare la Tari sui rifiuti e cosa fare col Comune dove l’immobile è collocato fisicamente.
“Gentile redazione, ho un serio problema con due case che ho ereditato dai miei genitori. Io vivo a Milano da quando avevo vent’anni e ormai mi sono stabilito in Lombardia, dove ho una casa di mia proprietà e dove svolgo la mia attività lavorativa. Sono originario di un paesino della Calabria dove i miei genitori, entrambi defunti, mi hanno lasciato due case su cui ogni anno il Comune mi chiede di pagare oltre all’IMU sulle seconde case, anche la Tari. Per me le case stanno diventando un peso, soprattutto dal momento che non le utilizzo, se non quando torno sporadicamente nella mia terra di origine. Come posso fare per non pagare la tassa sui rifiuti? L’ultima volta che uno dei due immobili mi è stato utile è stato quando ci viveva una famiglia del luogo che mi versava un affitto mensile. Questo fino a dicembre del 2021.”
Perché si paga la Tari
Il nostro lettore apre ad un quesito molto diffuso e probabilmente comune a molte persone che è quello degli immobili ereditati che finiscono col diventare un peso e non un beneficio. Naturalmente il riferimento è alla tassazione dei sugli immobili, perché come detto in premessa, sugli immobili si versano sia l’IMU che la Tari.
Come non pagare la Tari
La normativa però concede ai contribuenti alcune possibilità di essere considerati esonerati dal versamento della Tari. Nel caso del nostro lettore per esempio, fin quando la casa era concessa a degli inquilini, la Tari gravava su questi ultimi. Va ricordato infatti che per contratti di affitto di durata superiore a 6 mesi, la tassa grava sull’inquilino. Sugli affitti brevi, e quindi sotto i 6 mesi di durata, tutto resta in capo al proprietario. È evidente che nel momento in cui la casa è diventata sfitta, la tassa è stata riportata alla sua origine cioè in capo al proprietario. La Tari è una tassa particolare e sono particolari anche i casi di esenzione. Per esempio, nel caso di nuda proprietà o di semplice usufrutto, la tassa non è dovuta. È il caso per esempio del coniuge a cui il giudice non ha affidato la casa di abitazione del nucleo familiare dopo una sentenza di separazione o divorzio. In questo caso pur rimanendo il proprietario di un immobile, la tassa grava solo sul coniuge assegnatario.
Case senza utenze e non arredate esenti da Tari
Tornando al nostro lettore quindi, la Tari è comunque dovuta sui due immobili di cui detiene la proprietà nel paese dei suoi genitori. Perché qualsiasi immobile che potenzialmente può produrre rifiuti, è assoggettabile alla Tari. L’unico modo che ha per non pagare più la tassa è quello di chiedere al Comune l’esenzione per immobile non abitato.
L’onere della prova è del contribuente
Un immobile disabitato infatti non è assoggettato alla Tari nel momento in cui oltre a non essere abitato, non deve essere arredato e deve essere privo di ogni allaccio a utenze domestiche quali luce, acqua e gas. L’orientamento della legge, che poi lo stesso anche della giurisprudenza, impone al titolare del diritto di proprietà di un immobile, l’onere della prova. In pratica, spetta al nostro lettore andare a dimostrare al Comune che può essere considerato esonerato dalla Tari. Infatti sulla tassa vige il principio della presunzione. In pratica, fino a prova contraria, il Comune può considerare l’immobile come idoneo alla produzione di rifiuti e quindi come immobile assoggettabile alla Tari.