Andare in pensione nel migliore modo possibile? Si può, basta sapere cosa fare per evitare di perdere soldi e annualità di pensione. Infatti spesso i lavoratori fanno scelte sbagliate, o perché mal consigliati o perché sono ignari delle conseguenze gravi a cui vanno incontro. Eppure le normative vigenti e le varie misure previdenziali sono abbastanza chiare quando parlano di limiti, vincoli e penalizzazioni di assegno. Ecco alcune cose che è meglio non fare e altre a cui bisognerebbe dare un peso maggiore tra le tante opzioni che i lavoratori hanno davanti quando devono scegliere di andare in pensione.
“Buonasera, mi servirebbe un consiglio da chi, come voi, ne sa più di me sulle pensioni. Ho 64 anni di età e sono stanca di lavorare. Con 38 anni di contributi potrei andare in pensione con Opzione donna. A dire il vero questa opzione potevo sfruttarla anche in passato, ma non ci ho pensato. Sono una addetta alle pulizie per una ditta che opera in questo campo da anni e che si occupa di pulire ospedali privati, banche e uffici. Dopo 20 anni con la scopa in mano, vorrei andare in pensione. Voi cosa dite, mi conviene Opzione donna o meglio sacrificarmi ancora e restare a lavorare un altro paio di anni?”
“Se esco con l’Ape sociale come disoccupato, dal momento che ho 65 anni e 30 di contributi, cosa ci rimetto di assegno? non vorrei che finissi con il perdere troppo di pensione. Voi cosa dite?”
Come non perdere un centesimo di pensione scegliendo bene le cose da fare
Sulle pensioni, sul calcolo dell’assegno e sulla convenienza o meno ad andare in pensione prima, i dubbi sono sempre tanti. E i nostri lettori ci contattano spesso con quesiti di questo genere. I due prima esposti, sono solo un esempio di quello che diciamo. Per fugare qualsiasi dubbio, oggi parliamo delle varie misure di pensionamento anticipato e delle eventuali penalizzazioni a cui si va incontro.
La pensione con Opzione donna per esempio, è quanto di più penalizzante ci sia. Perché a fronte di un anticipo che una volta partiva dai 58 anni e che oggi parte dai 60 (con le opportune differenze tra categorie e figli avuti), la penalizzazione in termini di danaro incassato è enorme. Per chi ha iniziato a lavorare presto e ha maturato 18 anni di contributi o più entro la fine del 1995, il taglio supera, in media, il 30% della pensione spettante da calcolo normale. Perché bisogna accettare il ricalcolo contributivo, e chi si trova con quella carriera al 1996, potrebbe avere diritto al calcolo retributivo fino al 31 dicembre 2011. E come si sa, il calcolo retributivo della pensione è nettamente migliore come importi, rispetto al calcolo contributivo.
Opzione donna non sempre conviene, ecco perché
Perché andare in pensione con Opzione donna se si hanno già 64 anni di età e 38 di contributi? Dovrebbe essere questa la domanda da fare alla nostra prima lettrice che pensa allo scivolo contributivo per le donne mentre ha i requisiti per andare in pensione con l’Ape sociale. Infatti basterebbero 30 anni di contributi e 63 anni di età per questa prestazione per i disoccupati, gli invalidi e i caregiver. Servirebbero invece 36 anni di versamenti e sempre 63 anni di età almeno, per chi svolge un lavoro gravoso. E tra le tante attività previste dalla normativa e considerate gravose, ci sarebbero anche gli addetti alle pulizie. Ma solo se hanno svolto tale attività per 6 degli ultimi 7 anni di lavoro o per almeno 7 degli ultimi 10.
L’Ape sociale comunque non è scevra da penalizzazioni.
Tutte le limitazioni della pensione con l’Ape sociale
Restano comunque forti le penalizzazioni. Perché l’Ape è basata su 12 mensilità, mentre Opzione donna su 13. Significa che chi prende l’Ape sociale non ha diritto alla tredicesima. E questo dura per tutti gli anni che mancano al raggiungimento dei 67 anni per la pensione di vecchiaia classica. Inoltre, la pensione con Opzione donna è reversibile in caso di decesso della pensionata, mentre l’Ape sociale no. Così come quest’ultima misura non si indicizza al tasso di inflazione ogni anno, mentre Opzione donna sì.
Tra le altre limitazioni dell’Anticipo pensionistico sociale, anche l’assenza di maggiorazioni sociali e assegni familiari, e anche il limite di 1.500 euro come pensione massima incassabile con l’Ape. A dire il vero anche Opzione donna, essendo una prestazione contributiva, non dovrebbe rientrare nel perimetro delle maggiorazioni sociali. Ma è evidente che pure l’Ape come penalizzazioni non scherza.
Anche la quota 103 fortemente penalizzante
La quota 103, come la quota 100 e la quota 102, sono misure di pensionamento anticipato che non lesinano sia vantaggi che svantaggi. Permette di uscire dal lavoro a chi ha compiuto almeno 62 anni di età, ma solo a fronte di una carriera contributiva pari ad almeno 41 anni. La quota 103 come assegno ha un limite massimo che non può eccedere le 5 volte il trattamento minimo. E poi vige il divieto di cumulare la pensione con un reddito da lavoro, fatta eccezione per l’unica attività ammessa che resta quella di lavoro autonomo svolto occasionalmente e fino a 5.000 euro annui di reddito.
Anche per la quota 103 come per l’Ape sociale, le limitazioni hanno una data di fine che è sempre il raggiungimento dei 67 anni di età. Per Opzione donna invece, una volta liquidata la prestazione, il calcolo contributivo con cui è stata liquidata non viene via più.