Il sistema assistenziale italiano ha numerose misure in favore di chi vive in condizioni vicine alla povertà e soprattutto per chi ha perso il lavoro e non riesce a trovarne un altro. Le misure si distinguono tra ammortizzatori sociali e sussidi veri e propri. L’INPS infatti a chi perde il lavoro eroga la Naspi, acronimo di “Nuova assicurazione sociale per l’impiego”. La misura è nata con il Jobs Act di Matteo Renzi ed è diventata l’unica indennità per chi perde involontariamente il proprio lavoro.
Le difficoltà a trovare nuovo lavoro
Un nostro lettore ci scrive mettendo in luce le difficoltà che molti hanno dopo aver perso la Naspi perché terminata.
“Gentile redazione, mi serve una mano per capire cosa posso fare adesso per risolvere la mia situazione piuttosto complicata e grave dal punto di vista lavorativo. Ad agosto 2020, anche per via della pandemia, ho perso il mio lavoro. Ho 57 anni di età e per quanto mi sto sbattendo nel mandare curriculum e cercare un nuovo lavoro, nulla sta uscendo fuori. Lo scorso 12 settembre ho percepito il residuo di Naspi spettante e quindi ho terminato tutti i 24 mesi di fruizione della disoccupazione dell’INPS. La disperazione mi sta sempre più avvolgendo, a tal punto che ho pensato di chiedere il reddito di cittadinanza.
Naspi, reddito di cittadinanza ed ISEE, alcuni chiarimenti
Prima di approfondire il discorso del nostro lettore spiegando il da farsi, meglio partire da lontano. Anticipiamo il fatto che lui ha diritto al reddito di cittadinanza e dopo gli spiegheremo come fare. Bisogna capire però che differenza c’è tra le due misure. La Naspi e l’indennità per disoccupati che l’Inps eroga a chi perde involontariamente il posto di lavoro. Per percepire la Naspi non serve altro che rispettare i requisiti lavorativi previsti dalla normativa vigente. Servono quindi 30 giornate lavorative nei 12 mesi che precedono la perdita del posto di lavoro e 13 settimane lavorative coperte da contributi nei quattro anni che precedono, sempre la perdita occupazionale. La misura è erogata come durata, per la metà delle settimane lavorative sempre degli ultimi quattro anni.
La durata delle due misure
Un lavoratore può percepire fino ad un massimo 24 mesi di Naspi. Il reddito di cittadinanza invece è un vero e proprio sussidio, anche se i legislatori l’hanno mascherato come una misura di politica attiva sul lavoro. Infatti il reddito di cittadinanza eroga dei soldi mensilmente a chi vive al di sotto della soglia della povertà ed ha un ISEE inferiore a determinati limiti. Per la Naspi quindi non c’è bisogno dell’ISEE che invece serve per il reddito di cittadinanza. La Naspi è a termine perché una volta scaduto l’ultimo mese di beneficio concesso non può più venire sfruttata se non passando da un altro periodo di lavoro.
Ecco chi può prendere il reddito di cittadinanza dopo la Naspi
Proprio la temporaneità della Naspi fa sì che molti disoccupati, tra cui evidentemente anche il nostro lettore, si trovino in difficoltà nel momento in cui l’ammortizzatore sociale scade. Trovare un nuovo lavoro mai come oggi è difficile, soprattutto per chi ha una determinata età. Anche gli interventi del governo negli ultimi anni sono stati sempre indirizzati verso agevolazioni per chi assume giovani. Ma se un disoccupato è ormai prossimo ai 60 anni, diventa sempre più difficile trovare nuova occupazione dopo un periodo trascorso in disoccupazione indennizzata da parte dell’INPS. E per questo motivo che il nostro lettore si chiede cosa può fare dopo la Naspi dal momento che non riesce a trovare un nuovo lavoro. La risposta è proprio nel reddito di cittadinanza, unica misura che resta fruibile da chi un lavoro proprio non riesce a trovarlo e vive in condizioni reddituali di un certo tipo.
L’ISEE corrente fondamentale per passare dalla Naspi al reddito di cittadinanza
E adesso passiamo a spiegare, al nostro lettore, come prendere il reddito di cittadinanza dopo la Naspi. Chi ha terminato di percepire l’indennità per disoccupati INPS, e non ha mai prodotto l’ISEE, deve richiederlo all’INPS. Presentando la DSU i diretti interessati possono ottenere la certificazione ISEE che dà diritto all’accesso a qualsiasi prestazione assistenziale prevista dagli enti locali o dallo Stato, compreso naturalmente il reddito di cittadinanza. Purtroppo però l’ISEE fa riferimento al 2020. Infatti Nella DSU vanno inseriti i redditi e i patrimoni che un nucleo familiare ha un prodotto due anni prima.
ISEE ordinario disallineato dalla realtà
Il nostro lettore è un tipico esempio di soggetto che si trova in una particolare condizione di difficoltà perché nel 2020 percepiva la Naspi.
Con l’ISEE corrente reddito di cittadinanza fruibile e di importo pieno
Una soluzione però ci sarebbe e serve pure al nostro lettore. Infatti prima si fa l’ISEE ordinario, poi si passa all’ISEE corrente. Si può fare tutto lo stesso giorno. L’ISEE corrente serve per rendere più corrispondente alla realtà patrimoniale e reddituale la situazione di un lavoratore. Significa che il nostro lettore con l’ISEE corrente potrebbe dichiarare la situazione in tempo reale, quella che lo vede privo di reddito perché non percepisce più la Naspi. In pratica potrebbe arrivare a ISEE zero se non ha ulteriori altri redditi. In questo modo potrebbe godere del sussidio in misura piena, fino a quando, finalmente troverà un nuovo lavoro. Ricerca che il reddito di cittadinanza, almeno sulla carta, dovrebbe favorire visto che nasce come strumento di politica attiva sul lavoro.