Come prendere l’Ape sociale nel 2025 dopo le dimissioni volontarie

Ecco come recuperare il diritto all'Ape sociale dopo aver dato le dimissioni volontarie dal lavoro, regole e casi particolari.
1 mese fa
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Foto © Pixabay

C’è una particolare misura di pensionamento valida anche nel 2025, confermata dalla legge di Bilancio, che interessa altrettanto particolari categorie di beneficiari. Parliamo dell’Ape sociale, una misura che, per i disoccupati, presenta numerose problematiche e vincoli. Uno di questi rischia di compromettere la possibilità di accedere alla pensione.

Un nostro lettore, per esempio, si trova in una sorta di limbo. A causa di scelte prese in precedenza, rischia di dover rimandare la pensione con questa misura. Tuttavia, come vedremo, esistono alcune soluzioni per superare l’ostacolo che si è creato.

“Buongiorno, sono Renato, un vostro lettore e un lavoratore che ormai dovrebbe presto raggiungere i requisiti per l’Ape sociale.

Ho superato abbondantemente i 30 anni di versamenti contributivi e a marzo ho compiuto 63 anni; quindi, ad agosto dovrei maturare il requisito anagrafico che, come voi mi insegnate, è pari a 63 anni e 5 mesi. Ho un serio problema però. Nel 2023 a marzo ho terminato di prendere 24 mesi di Naspi da un precedente rapporto di lavoro. Successivamente ho lavorato 3 mesi presso un altro datore con contratto a termine. Immediatamente dopo ho trovato un nuovo lavoro, ma dopo circa un mese ho dato le dimissioni. E da allora non ho più lavorato. Secondo voi ho ancora diritto all’Ape sociale?”

Come prendere l’Ape sociale nel 2025 dopo le dimissioni volontarie

Sull’Ape sociale, in particolare per i disoccupati, e in relazione alla Naspi, sono sorti numerosi dubbi interpretativi dopo una sentenza della Cassazione che, qualche mese fa, ha dato ragione a una lavoratrice. Quest’ultima, pur avendo diritto alla Naspi in quanto licenziata, non aveva presentato domanda di disoccupazione.

Le regole dell’Ape sociale per i disoccupati prevedono che l’interessato debba innanzitutto perdere involontariamente il posto di lavoro, poi maturare il diritto alla Naspi e infine percepire per intero l’indennità di disoccupazione spettante. Quella sentenza, però, ha ribaltato tale impostazione, ritenendo sufficiente il diritto alla Naspi come requisito per accedere successivamente all’Ape sociale, e non la fruizione completa dell’indennità.

Perché, secondo i giudici, la chiusura della Naspi va intesa soltanto come divieto di cumulare due prestazioni (la Naspi e l’Ape sociale) contemporaneamente. In altre parole, chi sta percependo la Naspi deve terminarla prima di presentare domanda di pensione, mentre chi non la percepisce (pur avendone diritto) può comunque richiedere la pensione.

Ecco perché le interpretazioni sono diverse tra INPS e giurisprudenza

Quella citata è solo una sentenza, un’interpretazione autonoma del giudice, che non modifica le normative in vigore. In base all’orientamento dell’INPS, chi non ha effettivamente beneficiato della Naspi potrebbe vedersi respinta la domanda di Ape sociale. In tal caso, è comunque possibile fare ricorso, evidenziando il precedente giurisprudenziale favorevole. Tuttavia, non vi è la certezza di vincere, poiché l’interpretazione della legge è discrezionale e varia da un giudice all’altro.

Nel caso del nostro lettore, la situazione è diversa. Avendo già percepito interamente la Naspi negli ultimi anni, in seguito è stato assunto con contratti precari e, dopo un breve periodo, ha rassegnato dimissioni volontarie.

La sua carriera lavorativa non è quindi terminata con un licenziamento involontario coperto da Naspi, il che complica l’accesso all’Ape sociale. Di fatto, non avendo perso l’ultimo posto di lavoro per cause involontarie, non ha maturato il diritto alla Naspi e, di conseguenza, nemmeno il requisito per l’Ape sociale, nonostante a breve raggiungerà tutti i requisiti anagrafici e contributivi.

Per ovviare a questa situazione, potrebbe risultare necessario trovare un nuovo impiego, anche a termine, che si concluda in modo involontario, così da maturare il diritto alla Naspi e, in un secondo momento, all’Ape sociale.

Ape sociale, Naspi, dimissioni e la regola dei 3 mesi di assunzione nel 2025

Le regole del 2025 riguardanti l’indennità di disoccupazione introducono un ulteriore aspetto da considerare. Per poter ottenere nuovamente la Naspi dopo dimissioni volontarie, occorre svolgere un nuovo rapporto di lavoro per almeno 3 mesi.

Questo vuol dire che, per “riabilitarsi” dalle precedenti dimissioni volontarie, il nostro lettore dovrebbe restare assunto per almeno 3 mesi, così da poter avanzare richiesta di Naspi in caso di successiva perdita involontaria del lavoro. Tale fattore sposta in avanti la possibilità di pensionarsi.

Aver lavorato 3 mesi a termine, poi 1 mese prima di dimettersi, e doverne lavorare altri 3 influisce anche sulla durata della Naspi stessa, che potrebbe spettare per circa 4 mesi. L’INPS, inoltre, richiede che la Naspi sia prima completata. E solo successivamente si possa presentare domanda di Ape sociale. A meno che l’interessato non scelga di seguire la via giudiziale, come accaduto nel caso citato della contribuente a cui la Cassazione ha dato ragione.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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