Dopo molti anni di assenza, l’inflazione è tornata in Italia. A novembre, il dato è salito al 3,7% su base annua, ai massimi da settembre 2008. L’aumento dei prezzi è stato trainato dai beni energetici (+30,7%). Il caro bollette di questi mesi e che ci attenderà ancora di più nei prossimi allarma il governo, che ha aumentato le risorse a favore delle famiglie, prevedendo al contempo la rateizzazione fino a 10 mensilità per le aziende in difficoltà.
L’inflazione è una brutta bestia con cui abbiamo convissuto per diversi decenni.
La difesa dall’inflazione
Dall’inflazione, però, ci si può difendere fino a un certo punto. Anzitutto, alzando i tacchi. Quando i prezzi rincarano, il consumatore deve muoversi di più per scegliere il punto vendita più conveniente per fare acquisti. Certo, anche questo ha un costo, oltre a richiedere dispendio di tempo ed energie. Entro certo limiti, tuttavia, è la migliore opzione che abbiamo in mano per minimizzare il rischio di finire vittima di rincari speculativi. Un aumento dei prezzi generalizzato ed elevato accresce i margini delle imprese commerciali in fase di fissazione dei listini. Solo confrontando questi ultimi tra più concorrenti si può scegliere bene.
Altra difesa può consistere nel preferire le filiere corte.
Meno cash e investimenti giusti
E sfruttiamo al massimo le possibili sostituzioni: rincara il burro? Usiamo più olio o margarina. La carne rossa costa parecchio di più? Consumiamo più carne bianca. In questo modo, il nostro paniere subirà una stangata un po’ meno forte. A proposito, l’inflazione non è per tutti uguale proprio per la differenza tra un paniere e un altro. Se il prezzo delle arance esplode e io non mangio arance o crescono nell’orto dietro casa, a me non comporta nulla di negativo. Se la benzina è alle stelle ed io non ho un’auto, il problema mi riguarda poco, se non marginalmente come eventuale fruitore di mezzi pubblici, il cui biglietto prima o poi rincarerà per coprire l’aumento del carburante.
Infine, c’è la questione risparmi. Con l’inflazione alta, “cash is trash”. Tenersi liquidi significa assistere passivamente al deprezzamento dei propri sacrifici. Se abbiamo in banca 10.000 euro, con un’inflazione al 4% dopo un anno è come se perdessimo 400 euro. Dopo 5 anni, avremmo un minore potere d’acquisto di circa 2.170 euro. Gli investimenti che solitamente difendono dall’inflazione sono quelli azionari. Nel lungo periodo, non tradiscono, almeno sui mercati principali. Preferibile affidarsi agli ETF, fondi dalla gestione passiva e con costi di gestione molto contenuti.