Le pensione diventa portatile in Europa. Ci riferiamo a quella integrativa che i lavoratori sottoscrivono mediante piani di accumulo destinando parte del TFR ai fondi pensione.
Dal 23 agosto scorso è entrato in funzione il Pepp. Ovvero il Prodotto pensionistico individuale paneuropeo, il nuovo strumento di previdenza complementare individuale finalizzato ad integrare la pensione.
La pensione diventa portatile grazie al Pepp
Grazie al decreto n.76 dello scorso 5 maggio 2022 è stato recepito il regolamento europeo n. 1238 del 2019 che assicura d’ora in avanti la piena portabilità della pensione integrativa in tutti i Paesi Ue.
Ma di cosa si tratta esattamente? Il Pepp non è altro che un fondo pensione integrativo simile a quelli che già conosciamo. In pratica il lavoratore sottoscrive un piano di accumulo individuale che consente di ottenere una piccola rendita supplementare da affiancare a quella pubblica.
Il Pepp è un prodotto che viene fornito dalle compagnie di assicurazione, ma si caratterizza per la portabilità in tutti i Paesi dell’Unione Europea. In pratica, consente di essere sottoscritto in un Paese per poi essere completato in un altro, a seconda delle esigenze e degli spostamenti dei lavoratori.
Con il Pepp si aggiunge quindi maggiore flessibilità e versatilità al piano di accumulo della pensione integrativa. Ci si può spostare liberamente di residenza e godere anche della rendita nel Paese di destinazione finale.
Caratteristiche e benefici fiscali
Il Pepp è quindi destinato in particolare ai lavoratori mobili e ai giovani che si spostano con frequenza all’interno della Ue. Non è però possibile utilizzare il TFR per alimentare i versamenti. Al pari di tutti gli altri fondi pensione, la prestazione può essere erogati in diversi modi:
- rendita;
- capitale erogato in un’unica soluzione;
- prelievo;
- combinazione delle precedenti.
I contributi sono versati dai lavoratori su base esclusivamente volontaria ma danno diritto a importanti benefici fiscali.
La rendita maturata ai fini della pensione è soggetta a imposta sostitutiva del 20 per cento, al pari di tutti gli altri fondi pensione. Il governo è però al lavoro per modificare questa imposizione nell’ambito della delega per la riforma del fisco da attuare entro il 2022.