Come uscire dalla crisi con la reindustrializzazione dell’Italia

Per tenere alto il vessillo del “Made in Italy” e rilanciare l’occupazione e la crescita, il Paese deve puntare in modo deciso sul settore manifatturiero.
12 anni fa
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«Il dibattito sulle misure del governo per arginare il drammatico aumento della disoccupazione si sta concentrando su interventi di redistribuzione del lavoro, (per esempio, la staffetta generazionale anche come contrappeso all’aumento dell’età pensionabile) o sulla soluzione temporanea a emergenze immediate (vedi il problema esodati e il rifinanziamento della Cig, mentre la riduzione del cuneo fiscale passa inevitabilmente in secondo piano): misure necessarie per la loro urgenza, dettate anche dalla manifesta volontà del governo di dare segnali di intervento in tempi rapidi su temi caldi per prolungare la sua stessa sopravvivenza.

Urgenze appunto, ma nulla di strategico che possa favorire insieme crescita e occupazione in modo sostenibile nel tempo. Occorre, invece, avviare immediatamente misure realistiche di ampio respiro che portino a crescita coniugata a occupazione nel medio termine (2-3 anni), pena l’autocondannarsi a inseguire, con soluzioni tampone sempre meno efficaci e sempre più dispendiose, una spirale di decrescita che rischia di diventare irreversibile». È il monito lanciato lo scorso 8 giugno da Alberto Sportoletti, Ceo e Partner di Sernet Group – un gruppo a cui fanno capo diverse società di servizi professionali per il management e l’innovazione d’impresa – in un articolo pubblicato sul portale ilsussidiario.net.

 

INVESTIRE SUL MANIFATTURIERO: I BENEFICI SUL PIL E SULLA FORMAZIONE PROFESSIONALE

Elementi quali i problemi strutturali dell’Eurozona, l’elevata pressione fiscale, l’innalzamento dell’età pensionabile, l’irrigidimento del mercato del lavoro in entrata e in uscita e l’eccessiva burocrazia stanno «portando il Paese alla “tempesta perfetta” sull’occupazione che vediamo aggravarsi di giorno in giorno, soprattutto in ambito industriale».

Occorre dunque reagire e varare soluzioni per rilanciare il nostro tessuto industriale, valorizzando il know-how italiano e investendo su quel settore che ci ha resi importanti all’estero: il manifatturiero.

Ma perché è così importante puntare in modo deciso sul rilancio del manifatturiero italiano?

In primo luogo perché il nostro Paese è ancora la seconda “fabbrica” d’Europa, nonostante dal 2007 al 2012 in Italia sia andato distrutto il 15% del potenziale manifatturiero e si sia perso il 25% della produzione industriale.

[fumettoforumleft]E poi perché il manifatturiero non solo si coniuga con ricerca, progettazione e design, ma incide in maniera significativa sul nostro PIL e può fungere da traino per tutti gli altri settori, dai servizi all’impresa a quelli finanziari, dall’edilizia alla formazione e valorizzazione del capitale umano. «Sappiamo che Oltralpe – osserva Alberto Sportoletti – specialmente in Svizzera e Germania, c’è un consistente deficit di manodopera qualificata in campo industriale, tanto che sono state varate iniziative di attrazione dall’estero di personale già specializzato, come la Job Borse tedesca. Peraltro i paesi confinanti, anche al di là del Mediterraneo, con l’Italia sfruttano la nostra debolezza e stanno cercando di attirare in ogni modo le nostre imprese e i nostri lavoratori qualificati (provocando anche movimenti di protesta dei locali come avviene in Canton Ticino) puntando su semplificazione normativa e velocità autorizzativa, servizi e minor tassazione complessiva per l’impresa, più che sul minor costo del lavoro».

 

CRISI INDUSTRIA ITALIANA, UNA RICETTA SEMPLICE PER FERMARE IL DECLINO 

Per invertire la rotta, il manager di Sernet Group suggerisce l’introduzione di una gamma di incentivi per la realizzazione di nuove iniziative imprenditoriali e a favore di chi “rimpatria” quelle attività precedentemente delocalizzate, soprattutto nel manifatturiero avanzato e innovativo. Allo scopo, si potrebbe considerare non solo lo snellimento dell’iter burocratico e quindi la riduzione dei tempi di approvazione dei progetti industriali, ma anche agevolazioni per la riqualificazione di aree industriali dismesse, detassando chi riassume personale e chi reinveste gli utili in progetti aziendali e di formazione. «Nulla di particolarmente originale – puntualizza Sportoletti – ma tutto focalizzato verso una priorità chiara e strategica: la rinascita industriale italiana».

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