La vendita di Ita a Lufthansa non decolla. Ancora rilievi della Commissione europea sono stati effettuati all’operazione. Entro il 26 aprile dovranno arrivare dalla compagnia tedesca e dal Ministero di economia e finanze italiano le risposte pretese da Bruxelles per esitare il via libera. Una situazione che sta mettendo a dura la prova i nervi dei protagonisti, tant’è che ha sbottato persino il calmo Giancarlo Giorgetti, ministro del Tesoro del governo Meloni. Una decisione di Bruxelles è attesa entro il 6 giugno, a ridosso delle elezioni europee.
Vendita di Ita accende i fari di Bruxelles
Lufthansa ha concordato con Roma l’acquisizione del 41% iniziale del capitale di Ita per un prezzo di 325 milioni di euro. Essa consentirebbe la nascita di un player dei cieli europei ancora più radicato e porrebbe fine all’agonia finanziaria dell’ex Alitalia. La compagnia italiana possiede dimensioni troppo piccole per poter competere con giganti come la stessa Lufthansa, Air France e low-cost del calibro di Ryanair e Easyjet. Ha chiuso il 2023 con ricavi per 2,4 miliardi, di cui 2,1 miliardi relativi al traffico passeggeri. L’Ebitda è risultato positivo per qualche decina di milioni di euro.
La Commissione ha rilevato tre criticità: la possibile restrizione della concorrenza per i collegamenti a corto raggio tra Italia ed Europa centrale; restrizione della concorrenza anche per i collegamenti a lungo raggio tra Italia e Stati Uniti, Canada e Giappone; possibile posizione dominante nello scalo di Milano-Linate. La vendita di Ita a Lufthansa, nota la commissaria alla Concorrenza, Margrethe Vestager, rischia di ridurre la competizione nelle tratte sopra indicate, a discapito della qualità del servizio offerto e innalzando le tariffe praticate.
Posizione dominante a Linate
Da ricordare anche che i due vettori hanno rispettivi partner su alcune tratte.
Non meno dirimente il caso Linate. Ita possiede ben 175 slot, di cui 87-88 per le partenze e altrettanti per gli arrivi. Insieme a Lufthansa si ritroverebbe a detenere circa i due terzi dei diritti assegnati, una percentuale spropositatamente elevata. Del resto, lo stesso presidente del vettore italiano, Antonino Turicchi, ha ammesso che un terzo degli slot di Linate ha prodotto perdite. Ma è evidente che risulti difficile ugualmente disfarsene. Se non altro, impediscono a potenziali concorrenti di operare in uno degli scali italiani più importanti.
Vestager stranamente puntigliosa con l’Italia
Il caso della vendita di Ita a Lufthansa scatena polemiche, dubbi e ipotesi di vario tipo. Fanno emergere la cattiva governance europea, visto che un commissario, figura politica, nei fatti si trova a gestire il tema delicatissimo della concorrenza. Negli stati nazionali, questi è delegato ad autorità indipendenti, come accade con l’Autorità Garante della Concorrenza e il Mercato in Italia. E poiché siamo alla vigilia delle elezioni europee, ogni iniziativa della Commissione inevitabilmente attira critiche e sospetti. Che forse Vestager voglia ingraziarsi la Francia di Emmanuel Macron, contraria all’operazione per tutelare Air France, magari al fine di ottenere come promozione la candidatura a presidente della Commissione al posto di Ursula von der Leyen?
La danese è sempre stata particolarmente occhialuta con l’Italia. Negli anni passati, impedì l’uso del Fondo interbancario di tutela dei depositi per il salvataggio di Tercas, giudicandolo aiuto di stato. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea nei mesi scorsi ha accolto il ricorso dell’Italia, dandole ragione dopo ben otto anni.
Evitare gli errori degli anni Novanta
Anche stavolta c’è il rischio che bloccare la vendita di Ita porti al suo collasso. Ad esempio, il rinvio del via libera già non sta consentendo alle due compagnie di avviare l’implementazione del piano industriale per questa estate. E questo è un danno enorme per un vettore che deriva gran parte delle sue entrate dalle prenotazioni in alta stagione. Ciò premesso, bisogna evitare di commettere l’errore opposto di pensare che tutti i rilievi della commissaria siano insensati o solo politicamente motivati. In effetti, non sembra affatto così. Corriamo il rischio di ripercorrere certi disastri delle precedenti privatizzazioni degli anni Novanta, quando la fretta di vendere per fare cassa finì per distruggere aziende e mercato.
Sicilia e Sardegna vittime dei monopoli nei cieli
Nello specifico, non è forse vero che Ita e Lufthansa su alcune tratte disporrebbero di una quota di mercato dominante dopo l’integrazione? E pensate che ciò andrebbe a favore dei passeggeri e, più in generale, del sistema Italia? Le posizioni dominanti portano sempre a servizi più scadenti, minori investimenti e a tariffe più salate. Pagheremmo di più per volare. Chiedere ai siciliani, così come ai sardi, che in conseguenza della loro insularità si vedono costretti a spendere cifre esorbitanti per prendere l’aereo da e verso il resto d’Italia e nel mondo. Lo scorso Natale, il governatore siciliano Renato Schifani polemizzò duramente con Ryanair, notando come fosse più caro un volo tra Roma e Catania, anziché tra Roma e New York.
E cosa tiene alte le tariffe nelle due isole? La scarsa concorrenza.
Vendita di Ita non sia nuova stagione di rincari
Tornare a quegli anni sarebbe un disastro. La vendita di Ita non deve avvenire a costo di creare situazioni di potenziale monopolio su singole tratte. La furbizia di ingolosire l’acquirente con la prospettiva di cedergli in eredità il controllo di interi scali non può passare inosservata agli occhi dei commissari. Che dietro a questi rilievi si celino anche motivazioni politiche, è un’altra roba. Da utenti e italiani dovremmo augurarci, anzitutto, che la cessione non dia il via a una stagione di rincari e di servizi più scadenti per volare in Italia e verso l’estero. Significherebbe, altrimenti, che avremmo salvato l’ex compagnia di bandiera per l’ennesima volta rimettendoci di tasca nostra da contribuenti e da passeggeri. Troppo.