Il mondo delle partite IVA è in rivolta contro l’obbligo del POS e l’abbassamento del tetto per i pagamenti in contanti. La crociata di piccoli imprenditori, lavoratori autonomi, artigiani e commercianti non è ideologica, bensì ha a che fare con i numeri: le commissioni bancarie ad oggi applicate ai pagamenti elettronici risultano troppo alte e a pagarne il prezzo più salato finiscono per essere coloro che maturano bassi margini su ricavi relativamente elevati, come nel caso di un agente assicurativo che riscuote per conto della compagnia la polizza del cliente e sulla quale percepisce una provvigione percentualmente minima; le commissioni gravano sull’intera somma, comprimendo i suoi guadagni reali.
Commissioni POS assurde, la lotta al contante colpisce agenti e commercianti
Come se ne esce da questo scontro d’interessi con le banche? Chiaramente, se le commissioni fossero più basse o idealmente nulle, l’obbligo del POS risulterebbe più accettabile. E per abbassarle, però, bisogna lavorare sull’aumento della frequenza dei pagamenti elettronici da parte dei titolari delle carte. Se anziché pagare con carta mediamente ogni 9 giorni, gli italiani iniziassero a farlo quotidianamente, le banche avrebbero una base imponibile più elevata su cui applicare le commissioni e l’aumentato giro d’affari consentirebbe loro di abbattere i costi unitari. Ma prima dovremmo pagare tutti di più con carta. Per quale ragione? Siamo dinnanzi al classico cane che si morde la coda.
In verità, il problema sta a monte: nessuno cambia abitudini, se non lo trova conveniente. Le banche dovrebbero incentivare l’uso delle carte, ma senza agire con balzelli sui prelievi al bancomat, che suonano come ingiusti e lesivi del rapporto di fiducia, trattandosi dei soldi dei clienti. Ad esempio, potrebbero riservare a quanti effettuino pagamenti con carta regolarmente un trattamento di favore sul piano contrattuale, finanche girando loro una quota delle stesse commissioni incassate dai POS.
Tassi negativi nemici del POS
Su tutto, però, c’è il tema dei temi: i tassi negativi. Fino a quando la BCE li terrà in vigore, le banche soffriranno per l’eccesso di liquidità disponibile e per i margini d’interesse troppo bassi, dovendo fare utili tramite gli altri servizi erogati, tra cui per l’appunto le commissioni sui POS. Quando con il tempo, questi tassi negativi saranno alzati fino a tornare in territorio positivo, queste criticità verranno gradualmente meno, consentendo alle banche di concentrarsi maggiormente sulla loro attività “core”, potendo allentare la presa sulle commissioni, accelerando la diffusione dei pagamenti elettronici.
In definitiva, abbiamo bisogno che risulti più conveniente pagare con carta e che le commissioni sui POS vengano ridotte. Le due cose non camminerebbero necessariamente assieme e l’impazienza del governo di ottenere risultati immediati per fare cassa sta rischiando di provocare una crisi di rigetto tra le partite IVA, che non sono affatto ostili all’innovazione nei pagamenti, ma pretendono giustamente di non essere penalizzate da essa. Non obblighi, dunque, bensì incentivi ed eliminazione alla radice della pressione BCE sulle banche, concausa del caro POS di questi anni.
Il contante non conosce crisi, ecco perché nemmeno la tecnologia scalfisce i pagamenti elettronici