Comprare Bitcoin come pensione per la vecchiaia, il pensiero di chi lo ha in tasca

Nuovo boom dei Bitcoin, che segnano l'ennesimo record. E c'è chi lo tiene in portafoglio per assicurarsi un reddito per la vecchiaia. Che la moneta digitale stia diventando il nuovo oro?
7 anni fa
3 minuti di lettura

Giornata importante quella di ieri per i Bitcoin, che sono arrivati a sfiorare i 4.700 dollari, scendendo successivamente in area 4.670 e segnando un ennesimo record. E così, le 16,5 milioni di “criptomonete” emesse valgono sul mercato sui 76,4 miliardi di dollari, portando la capitalizzazione di tutte le monete digitali a oltre 160 miliardi, poco più di un millesimo rispetto a quanto vale il mercato finanziario globale, ma in rapida ascesa. I guadagni superano quest’anno il 380% e fa impressione la sequenza della crescita dei prezzi: a inizio 2017 rivedevano quota 1.000 dollari per la prima volta dal novembre 2013, ma a già a maggio sfondavano la barriera dei 2.000.

Poche settimane dopo, veniva infranta anche quella dei 3.000 dollari e dalla metà di agosto si erano portati stabilmente sopra i 4.000. (Leggi anche: Ecco perché Corea del Nord potrebbe far esplodere prezzi Bitcoin ancora)

Se avessimo acquistato un Bitcoin a 10 dollari nell’estate 2012, adesso saremmo in possesso di un valore per 450 volte superiore. Avendoci investito solamente 1.000 dollari, ne avremmo oggi oltre 450.000. Nessun altro asset ha reso così tanto, e ci mancherebbe altro. Siamo in presenza di risultati straordinari e inattesi dai più. In molti vi chiederete se sia il caso di entrare ancora su questo mercato o se sia troppo tardi. Il meglio sarebbe quasi certamente alle spalle, ma più di un analista stima che i Bitcoin possano salire fino a 50.000 o forse anche 100.000 dollari, che implicherebbero, in ogni caso, un rendimento del 1.000-2.000%.

Ma come dovremmo considerare i Bitcoin? Moneta o commodity? Le autorità finanziarie delle principali economie hanno idee diverse e l’una o l’altra soluzione spesso dipende più da ragioni fiscali che non di reale lettura del fenomeno. Quale che sia l’orientamento prevalente, poco importa a chi investe. Semmai, cresce il numero di coloro, che tra analisti e traders si chiedono se la criptomoneta possa essere considerata il nuovo oro.

Bitcoin o oro?

Senza voler offrire alcuna risposta certa, vi suggeriamo qualche considerazione: l’oro è il bene-rifugio per eccellenza, mostratosi nei secoli capace di tutelare il potere di acquisto della moneta contro l’inflazione. Esso si caratterizza per un’offerta rigida e carente rispetto alla domanda, nonché per un’accettazione universale, in ogni tempo e in ogni luogo, indipendentemente dalla specifica cultura. Se per ipotesi sparissero oggi tutte le monete ufficiali dalla circolazione, l’oro verrebbe utilizzato senza alcun problema quale mezzo di scambio per l’acquisto di merci e l’erogazione di servizi. (Leggi anche: Paura dei Bitcoin, banche centrali studiano moneta digitale ufficiale)

Non la stessa cosa possiamo (ancora) dire dei Bitcoin, relegati a un minuto gruppo di investitori. Si stima che gli utilizzatori delle monete digitali siano oggi tra 5 e 10 milioni, ovvero appena un abitante su 1.000 sulla Terra ne farebbe uso. Poco per potere effettuare paragoni con un bene riconosciuto da ognuno degli oltre 7 miliardi di abitanti terrestri. Eppure, potenzialmente i Bitcoin offrirebbero condizioni persino più rassicuranti dell’oro: quale che sia il suo livello dei prezzi, l’offerta è prefissata e un algoritmo ha già previsto il numero massimo di monete da emettere, che sarà di 21 milioni di unità, 5,5 milioni in più di quelle odierne.

In altre parole, Bitcoin è per sua natura una moneta deflattiva, in quanto tende ad accrescere il suo valore con l’aumentare della domanda, mentre non lo stesso si può dire aprioristicamente dell’oro, le cui estrazioni dipendono, come per ogni altra materia prima, proprio dalle quotazioni internazionali. Se per ipotesi il prezzo all’oncia raddoppiasse in poche sedute, le compagnie estrattrici si affannerebbero a riattivare persino miniere dismesse, al fine di approfittare dei maggiori margini. Così facendo, però, creerebbero le condizioni per un ripiegamento dei prezzi, a causa della maggiore offerta.

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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