La scorsa settimana, il prezzo dell’oro era sprofondato ben sotto i 1.700 dollari, chiudendo la seduta di venerdì 5 giugno sui 1.685 dollari sul report positivo riguardo all’occupazione USA a maggio. Ieri, il metallo era schizzato già sopra i 1.730 dollari, guadagnando il 14% dall’inizio dell’anno. Eppure, anche nelle fasi più acute di questa imprevista crisi sanitaria mondiale, che ha trascinato nel baratro tutte le economie avanzate, le quotazioni del metallo sono risultate quasi avere un tetto invalicabile in area 1.750 dollari.
Possibile che l’oro scenda con il petrolio che sale?
In realtà, sono tante le ragioni per cui si dovrebbe puntare oggi sull’oro più che mai. Per prima cosa, non bisogna impressionarsi troppo dalle attese sul dollaro, in quanto le sue variazioni tendono a ripercuotersi in senso opposto sul metallo. Quando il biglietto verde si apprezza, l’oro diventa più caro per gli investitori non americani e le sue quotazioni arretrano per via della minore domanda. Viceversa, nel caso in cui si deprezza.
E che dire dell’obbligazionario? I rendimenti americani a 10 anni hanno aperto il 2020 all’1,88% e ieri si aggiravano sotto lo 0,70%. Parliamo di 120 punti base in meno in pochi mesi. Poiché i bond sono concorrenti dell’oro per la loro natura di investimenti meno rischiosi delle azioni, ma con il vantaggio sul metallo di offrire cedole periodiche, il loro eccessivo apprezzamento (e crollo del rendimento) rende adesso più conveniente puntare sull’alternativa. E il “breakeven” a 5 anni ci segnala aspettative d’inflazione negli USA da qui al 2025 mediamente intorno all’1%, a fronte di un Treasury quinquennale con cedola fissa che offre poco più dello 0,30%, cioè il -0,70% reale.
Le prospettive dopo il Covid-19
Oltre alle turbolenze economiche tutt’altro che cessate, come ci dimostrano i crolli in borsa di giovedì sui timori di una seconda ondata di contagi, c’è il fatto che le banche centrali hanno iniettato dosi di liquidità sui mercati che non hanno precedenti nella storia economica di tutti i tempi, mentre i governi stanno ricorrendo al debito per varare ingenti stimoli fiscali dall’impatto nemmeno così taumaturgico sulle economie. Il risultato di queste azioni saranno mercati finanziari iper-apprezzati e stati iper-indebitati. Un mix perfetto per comprare oro, perché paventa un futuro di bassa crescita, di tensioni finanziarie e di default multipli tra gli emittenti corporate, nonché possibili casi di ristrutturazione tra i sovrani.
Del resto, per quanto alte siano le quotazioni dell’oro, rimangono di oltre il 10% più basse dei picchi record toccati nel settembre del 2011, quando infuriava la tempesta dell’euro. Considerando che da allora siano passati quasi 9 anni e che nel frattempo i tassi d’inflazione abbiano eroso almeno un po’ il potere di acquisto, i 1.730 dollari di ieri al confronto appaiono ancora più bassi in termini reali, sebbene per contro il dollaro rispetto ad allora scambi mediamente a +23% contro le principali valute mondiali. Tirando le somme, sarebbe un po’ come affermare che già l’oro si fosse riportato sostanzialmente ai massimi di sempre, pur ciò non togliendogli prospettive di ulteriori rialzi anche a doppia cifra entro i prossimi mesi o qualche anno al massimo.
Sullo sfondo di quanto sin qui scritto, c’è la madre di tutte le questioni: la Cina. Il Coronavirus si è diffuso da Wuhan e ha distrutto l’economia globale. L’Occidente, guidato dagli USA, troverà modo di reagire dopo il cessato allarme sanitario e già si inizia a intravedere una sorta di ambita relocalizzazione delle produzioni, a salvaguardia degli interessi nazionali.
Quotazioni dell’oro giù segnale di panico o spiegazione meno allarmante?