Cento anni li aveva compiuti il 27 maggio scorso, ma la sua lucidità mentale è rimasta oggetto di invidia e ammirazione fino allo scorso mercoledì, quando Henry Kissinger si è spento a Kent, nel Connecticut. Ex segretario di Stato nelle amministrazioni di Richard Nixon e Gerard Ford, fu soprattutto il consigliere di ben dodici presidenti, sia repubblicani che democratici. Nato Heinz Alfred in Baviera nel 1923 da una famiglia di origini ebraiche, fuggì dalla Germania nel 1938 quando le leggi razziali paventarono ciò che sarebbe accaduto poco dopo.
Nascita dei petrodollari
L’apice della sua carriera arrivò a cavallo tra anni Sessanta e Settanta, quando ricevette persino il Premio Nobel per la Pace per i suoi tentativi di porre fine alla guerra nel Vietnam. Cinico, metodico e di grandi capacità analitiche, riuscì clamorosamente ad avvicinare gli Stati Uniti alla Cina post-maoista. Non è un caso che il presidente Xi Jinping gli abbia tributato le più sentite e sincere condoglianze alla notizia del decesso. Ma il suo principale successo fu un altro e su di esso ancora poggia il “privilegio esorbitante” di oltre 330 milioni di abitanti statunitensi. Kissinger fu l’inventore dei “petrodollari”.
Era il 1973 e l’ordine economico-finanziario scaturito dalla Seconda Guerra Mondiale traballava. Nel 1971, l’amministrazione Nixon aveva abbandonato il sistema monetario noto come Bretton Woods. Esso legava le monete nazionali dell’orbita occidentale al dollaro, che a sua volta risultava convertibile in oro nel rapporto di 35 dollari per oncia. Tra deficit commerciali abnormi e spese militari alle stelle, Washington non fu più in grado di mantenere il legame tra biglietto verde e metallo. Fu l’iniziò di un’era di disordini. Complici le due successive crisi petrolifere di fine ’73 e del ’79, l’Occidente si sarebbe arenato a lungo nella stagflazione.
Gli accordi del ’73
Ma torniamo a Kissinger e a quel fatidico ’73. Ne sarebbero successe di cose epocali.
Kissinger si fece fautore di un accordo storico: gli Stati Uniti avrebbero garantito sicurezza militare al regno; in cambio, i sauditi, che erano già allora primi esportatori di petrolio nel mondo, si sarebbero impegnati a venderlo solamente in dollari. Fu così che nacque il sistema dei petrodollari. Nulla di losco, come siamo soliti leggere tra le righe di una quantità innumerevole di articoli dal sapore complottista. Un “do ut des” perfettamente e reciprocamente conveniente. Riad poté godere per i decenni successivi dell’incolumità territoriale anche dopo che l’Iran era caduta in mano all’ayatollah Khomeini, nemico giurato dei sauditi.
Il regalo di Kissinger agli Stati Uniti
E gli Stati Uniti cosa ci guadagnarono? Per usare un’espressione in voga da molto tempo a questa parte, la capacità di vivere sopra le proprie possibilità. Poiché ogni giorno milioni e milioni di barili sono venduti nel mondo in dollari, la domanda di valuta americana è sempre solida. Questo consente al Tesoro di Washington di emettere debito a basso costo e alla Federal Reserve di tenere i tassi di interesse a livelli relativamente bassi senza temere possibili ripercussioni sul fronte inflazione. Ad avvantaggiarsene sono le stesse famiglie: possono indebitarsi a costi contenuti, potendo sovra-consumare. Inoltre, gli alti deficit fiscali segnalano che riescono a godere dei servizi pubblici pagando meno tasse del dovuto.
Qualsiasi altro paese sarebbe stato travolto da una crisi fiscale e finanziaria fatale in questi anni con i livelli di indebitamento degli Stati Uniti. Se ciò non è accaduto, è grazie alla forza del dollaro e alla sua natura di “safe asset”. Essa è garantita perlopiù dal sistema dei petrodollari. Non a caso, in Asia la Cina punta a picconarlo, siglando di recente accordi con Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti per regolare gli scambi petroliferi in valute locali. In effetti, le relazioni tra regno e amministrazione Biden sono a dir poco pessime. Kissinger è morto nel momento in cui sembra che la sua invenzione più benefica per i cittadini americani stia per vacillare. Comunque andrà in futuro, egli ha già garantito agli Stati Uniti mezzo secolo di relativa “pacchia”.