Con la 104 lo smart working spetta di diritto o può essere negato?

Lo smart working spetta di diritto ai titolari di Legge 104 oppure può essere negato? Ecco cosa prevede la normativa vigente.
1 anno fa
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Foto © Pixabay

I titolari di legge 104 hanno diritto allo smart working oppure può essere negato? Una domanda che si pongono tanti lavoratori che sperano di poter accedere al cosiddetto lavoro agile, in modo tale da conciliare al meglio la vita professionale con quella lavorativa.

Come canta Fabio Concato con il brano Breve sogno: “Quando ho finito il mio lavoro mi porto un libro sulla spiaggia, ricopro poi le buche del mio cane con la sabbia“.

Uno scenario che potrebbe rappresentare la realtà per molte persone che, una volta terminato di adempiere ai propri doveri lavorativi, potrebbero decidere di staccare la spina, concedendosi qualche minuto in riva al mare in compagnia del proprio amico a quattro zampe o comunque lontani dalla routine quotidiana.

Per fare tutto ciò è ovviamente necessario avere del tempo libero a propria disposizione. Peccato che proprio quest’ultimo si riveli essere spesso tiranno. Lo sanno bene tutti coloro che devono prestare assistenza ad un proprio famigliare non autosufficiente. In tal caso riuscire a destreggiarsi fra i vari impegni può risultare alquanto complicato. Per questo motivo giungono in aiuto dei soggetti interessati importanti agevolazioni, come ad esempio la possibilità di beneficiare di tre giorni di permesso al mese. Ma con la 104 spetta anche lo smart working?

Con la 104 lo smart working spetta di diritto o può essere negato?

Lo smart working non è una tipologia di contratto a sé. Si tratta bensì di un accordo siglato da datore e dipendente attraverso cui viene stabilito di poter svolgere l’attività lavorativa fuori dai locali aziendali. A differenza di quanto si possa pensare, però, tale modalità di lavoro non rappresenta un diritto per i titolari di Legge 104. Nel nel caso in cui un’azienda decida di stipulare un accordo per la prestazione di lavoro in modalità smart working, però, deve essere data priorità alle richieste provenienti da lavoratori con figli fino a 12 anni di età.

Oppure figli senza alcun limite di età, nel caso in cui sia stato accertato uno stato di disabilità ai sensi della legge 104. Hanno diritto di priorità anche i caregiver, ovvero coloro che prestano assistenza a un familiare disabile o non autosufficiente.

Luogo di lavoro e divieto di discriminazione: cosa prevede la normativa

In base a quanto stabilito dall’articolo 18 della Legge numero 81 del 22 maggio 2017, così come riportato sul sito del Dipartimento delle Finanze:

“La lavoratrice o il lavoratore che richiede di fruire del lavoro agile non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro. Qualunque misura adottata in violazione del precedente periodo è da considerarsi ritorsiva o discriminatoria e, pertanto, nulla”.

In linea generale non ci sono limiti per quanto riguarda il luogo in cui lavorare in smart working. Stando alla normativa vigente, infatti, il lavoratore può decidere dove svolgere la propria attività, purché possa essere svolta in condizioni di sicurezza e riservatezza. Si invita comunque a informarsi bene presso la propria azienda, poiché alcuni contratti collettivi possono considerare alcuni luoghi non idonei per questioni di sicurezza, segretezza e riservatezza dei dati.

Veronica Caliandro

In InvestireOggi.it dal 2022 si occupa di articoli e approfondimenti nella sezione Fisco. E’ Giornalista pubblicista.
Laureata in Economia Aziendale, collabora con numerose riviste anche su argomenti di economia e attualità. Ha lavorato nel settore del marketing e della comunicazione diretta, svolgendo anche attività di tutoraggio.

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