Andare in pensione a 62 anni nel 2024 non converrà più. Men che meno a coloro che avranno diritto a un assegno di medio importo fino all’età di 67 anni con notevoli perdite che nel tempo costeranno care. Insomma, Quota 103 diventerà un privilegio per pochi, per chi potrà permettersi rinunce andando in pensione anticipata.
Del resto il governo, non potendo sopprimere di netto la misura introdotta nel 2023, ha introdotto forti restrizioni che scoraggiano i contribuenti a lasciare in anticipo il lavoro a 62 anni di età.
Una lavoratrice dipendente comunale preoccupata ci scrive:
“ho compiuto quest’anno 62 anni di età e l’anno prossimo avrò anche 41 anni di contributi per andare in pensione con Quota 103. La mia retribuzione è di 38 mila euro all’anno e vorrei sapere se ci saranno dei limiti alla mia futura pensione”.
Quota 103, importo massimo 2.250 euro al mese (lordi)
Vediamo esattamente in cosa consiste la penalizzazione sull’importo di pensione, come funziona la nuova Quota 103 e cosa è cambiato. Come previsto dalla bozza di riforma contenuta nella legge di bilancio, la soglia massima di pensione erogabile in via anticipata sarà al massimo di 4 volte l’importo del trattamento minimo del 2023. Cioè 2.250 euro lordi al mese (1.750 euro netti).
Questa cifra sarà erogata a chi richiederà Quota 103 nel 2024 fino al raggiungimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia. Oggi fissato a 67 anni di età. Per cui, a conti fatti, si tratta di un limite che non potrà essere superato per quasi 5 anni. Per coloro che hanno diritto a un assegno superiore si tratta di una penalizzazione che nel tempo potrebbe pesare molto.
E non vi sarà nemmeno la possibilità integrare l’importo della pensione con altri lavori perché la misura prevede il divieto di cumulo con redditi da lavoro.
Il ricalcolo contributivo
Ma non è solo questo il vincolo che farà desistere molti lavoratori dal ricorrere a Quota 103 per lasciare in anticipo il lavoro. Vi è anche il ricalcolo contributivo della pensione. Di che si tratta esattamente? Ebbene, per chi ha maturato 41 anni di contributi, come nel caso della dipendente comunale di cui sopra, la riforma prevede che gli anni di lavoro presti prima del 1996 siano considerati come se fossero stati svolti dopo.
In pratica, i contributi vengono migrati nel sistema contributivo, più penalizzante rispetto a quello retributivo e quindi la pensione che ne deriverà sarà più bassa rispetto al calcolo misto che avviene normalmente. E per chi ha 41 anni di lavoro alle spalle si tratta di circa un terzo di anni lavorati che impatteranno in maniera significativa sull’importo della pensione. Si stimano infatti tagli dell’ordine del 15-16% degli assegni.
Quanto si perde con la nuova Quota 103
A conti fatti la pensione della lavoratrice, secondo le nostre simulazioni, dovrebbe essere di circa 2.400 euro al mese col ricalcolo contributivo. Cifra che, però, non sarebbe riconosciuta per intero visto che il limite sarà di 2.250 fino a 67 anni. La perdita è di circa 150 euro al mese che moltiplicata per cinque anni fa 9.750 euro.
Ma non è solo questa la penalizzazione. La pensione della dipendente comunale se calcolata col sistema misto darebbe diritto a un assegno di 2.830 euro al mese. Quindi la penalizzazione va calcolata partendo da questa cifra se si sceglie di uscire con Quota 103 il prossimo anno. E fa esattamente 580 euro al mese che moltiplicata per cinque anni fa 37.700 euro. Quasi un anno di stipendio!
Riassumendo…
- La pensione massima con Quota 103 sarà di 2.250 euro al mese.
- L’assegno sarà calcolato solo col metodo contributivo.
- Perdita pesante per chi ha uno stipendio medio.