Il trascorrere inesorabile del tempo non depone a favore di una riforma pensioni entro fine anno. Anzi, le probabilità che si possa intervenire in tempo sono molto basse. Fra insediamento del nuovo Parlamento e formazione del governo, i tempi sono troppo stretti.
Così la tanto attesa riforma pensioni slitterà al 2023. Per i ben informati non è una sorpresa, a partire dal premier Mario Draghi che ha fatto di tutto per riportare il sistema pensionistico italiano nei ranghi delle regole Fornero dopo la fine di Quota 100.
La riforma pensioni tradita
Del resto, per fare una riforma sensata e strutturale in Italia servirebbe una rivoluzione del sistema attuale che però metterebbe a soqquadro le finanze pubbliche. Draghi, inoltre, ha avvertito che qualsiasi riforma pensioni dovrà essere finanziariamente sostenibile. E chi verrà dopo di lui non potrà esimersi dai diktat di Bruxelles.
Del resto, lasciare le cose come stanno implica una sola cosa: il ritorno per tutti alle regole Fornero, senza più deroghe. Quello che chiede l’Europa, insomma per tenere a freno la spesa pubblica con le pensioni italiane.
Quindi, al massimo ci sarà qualche ritocco alle pensioni con la legge di bilancio 2023. La proroga di Opzione Donna e Ape Sociale. Ma niente di più. Anche Quota 41, come propone la Lega, richiede attente valutazioni al bilancio dello Stato che non possono essere prese in tempi rapidi.
Il ritorno alla Fornero e Quota 103
Si parla quindi di ritorno alla Fornero dal 2023. Ma si fa anche demagogia sulle pensioni e si mettono in circolazione notizie sbagliate. La realtà è che le regole Fornero, che piacciano o meno, non sono mai tramontate. Semmai sono state apportate delle deroghe, come Quota 100 e Quota 102 che termina a fine anno.
Al suo posto potrebbe arrivare Quota 103. Pensioni anticipate con più anni di contributi e di anzianità, quindi, che potrebbe permettere di evitare lo scalone a 67 anni (vecchiaia) o con 41-42 anni e 10 medi di contributi (anticipata).
A differenza di quota 102, secondo le previsioni del governo dello scorso anno, si potrebbe andare in pensione a 65 anni di età con 38 di contributi o a 64 anni di età ma con 39 di contributi. In maniera tale da allargare maggiormente la platea dei lavoratori beneficiari evitando al contempo il salto a 67 anni di età.