Momento di grandi manovre per il Governo Meloni, è tempo di concordato preventivo biennale. Si tratta di uno strumento fiscale progettato per migliorare la compliance e ridurre l’evasione, permettendo a lavoratori autonomi e imprese di definire anticipatamente le imposte da versare in cambio di una riduzione dei controlli fiscali. Tuttavia, il termine per aderire, fissato al 31 ottobre, ha suscitato dibattiti tra sindacati e politica, con richieste di proroga che non hanno trovato accoglimento presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef).
Che cos’è il concordato preventivo biennale
Questo accordo fiscale consente ai contribuenti che applicano gli Indicatori Sintetici di Affidabilità (Isa) di negoziare le imposte dovute per i prossimi due anni, ottenendo in cambio una diminuzione dei controlli approfonditi da parte dell’Agenzia delle Entrate. Tra i vantaggi, la garanzia di evitare verifiche basate su calcoli induttivi, a meno che non emergano irregolarità significative, come spese non deducibili o attività non dichiarate per oltre il 30% dei ricavi. Al contrario, chi opera sotto regimi forfettari non può accedere a questo beneficio.
Con l’avvicinarsi della scadenza, esponenti politici e sindacati hanno fatto pressione per ottenere un’estensione dei termini, lamentando tempi troppo stretti e problemi legati all’accesso ai dati necessari per la dichiarazione. Alberto Gusmeroli (Lega) e Mario Turco (Movimento 5 Stelle), entrambi esperti commercialisti, hanno sostenuto la necessità di offrire più tempo per aderire. Tuttavia, il Mef ha respinto le richieste, citando vincoli imposti dalla Legge di Bilancio.
Il viceministro Maurizio Leo ha spiegato che una proroga comprometterebbe le entrate previste, che ammontano a circa 2 miliardi di euro, fondi destinati a finanziare la riduzione dell’Irpef nella prossima manovra. Di fronte a queste spiegazioni, i sindacati rimangono scettici, evidenziando che solo chi prevede un aumento dei redditi potrebbe considerare vantaggioso il concordato.
L’azione della task force e i controlli fiscali
Per monitorare l’efficacia del concordato e individuare possibili evasioni, è stata creata una task force composta da Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza, attiva già da sette mesi.
L’obiettivo è migliorare la vigilanza fiscale, soprattutto dopo le verifiche estive del 2024, che hanno rivelato che oltre la metà delle attività controllate non emetteva regolarmente scontrini fiscali. Tuttavia, le attività soggette a regimi agevolati hanno mostrato un tasso di evasione inferiore, grazie alla maggiore attenzione dedicata ai controlli.
Possibili conseguenze per chi aderisce
Chi sceglie di aderire al concordato deve essere consapevole che la mancata conformità agli obblighi fiscali potrebbe comportare la decadenza dai benefici. In caso di violazioni rilevanti, l’Agenzia delle Entrate avrà la facoltà di avviare verifiche più approfondite, con potenziali sanzioni e recuperi d’imposta.
Il concordato biennale rappresenta quindi una soluzione per ridurre il carico amministrativo e i rischi di controlli fiscali, ma richiede una corretta gestione delle dichiarazioni e il rispetto delle normative vigenti per evitare conseguenze negative. La sua applicazione mira a colpire l’evasione fiscale e garantire un sistema più equo, con l’obiettivo di generare risorse utili per le future manovre economiche del Governo.
I punti salienti…
- Il concordato biennale consente a imprese e autonomi di definire anticipatamente le tasse, riducendo i controlli fiscali.
- L’adesione è riservata a chi applica gli Isa, con esclusione dei regimi forfettari, e ha scadenza il 31 ottobre.
- Una task force monitorerà i risultati per individuare eventuali anomalie e migliorare la compliance fiscale.