Il concordato preventivo biennale conviene oppure no? Come cantavano i Jarabe de Palo: “Dipende, da che dipende? Da che punto guardi il mondo tutto dipende“. In effetti non tutti abbiamo la stessa percezione e non sempre la pensiamo come gli altri. Un atteggiamento o una situazione che qualcuno ritiene essere positiva, ad esempio, qualcun altro può interpretarla negativamente e viceversa.
Per questo motivo stabilire a priori se una determinata circostanza sia vantaggiosa o meno non è, in genere, fattibile. Questo, però, non vuol dire che sia impossibile.
A cosa serve il concordato preventivo biennale
Prima di vedere i vantaggi del concordato preventivo biennale, è bene ricordare di cosa si tratti. Ebbene, grazie a tale strumento un contribuente può stipulare un accordo con l’Agenzia delle Entrate per definire anticipatamente la base imponibile su cui calcolare le tasse per i due anni successivi. A tal fine, entro il 15 marzo di ogni anno, l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione dei programmi informatici grazie a cui acquisire i dati necessari ad elaborare la richiesta, come ad esempio i costi di esercizio.
Per questo motivo tutti coloro che decidono di aderire al concordato preventivo biennale, compresi i forfettari, devono tenere una contabilità sui costi, onde evitare di ritrovarsi a pagare più tasse del dovuto. Questo potrebbe accadere poiché l’Amministrazione Finanziaria non considererebbe i costi sostenuti per svolgere l’attività e finirebbe per determinare un reddito più alto. Se il Fisco dovesse rilevare delle incongruenze, inoltre, i soggetti interessati potrebbero essere esclusi dal concordato preventivo biennale.
Concordato preventivo biennale, la scheda di sintesi con i vantaggi. Ma conviene veramente?
Il contribuente che decide di aderire al concordato biennale deve pagare le imposte stabilite nell’accordo con l’Agenzia delle Entrate a prescindere dal reddito effettivamente percepito.
“tutti i benefici premiali propri di tale strumento di compliance, come elencati dal decreto ISA”. Tra questi si annoverano:
- “l’esonero dall’apposizione del visto di conformità per la compensazione di crediti per un importo non superiore a 70.000 euro annui relativamente all’imposta sul valore aggiunto e per un importo non superiore a 50.000 euro annui relativamente alle imposte dirette e all’imposta regionale sulle attività produttive;
- l’esonero dall’apposizione del visto di conformità ovvero dalla prestazione della garanzia per i rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto per un importo non superiore a 70.000 euro annui; […]
- l’anticipazione di almeno un anno, con graduazione in funzione del livello di affidabilità, dei termini di decadenza per l’attività di accertamento previsti dall’articolo 43, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, con riferimento al reddito di impresa e di lavoro autonomo, e dall’articolo 57, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633″.
Ma non solo, chi aderisce al concordato preventivo biennale può optare per un’imposta sostitutiva, con aliquota che va dal 10% al 15%, sulla parte di reddito d’impresa. O di lavoro autonomo che eccede il reddito dichiarato nel periodo d’imposta 2023. L’imposta sostitutiva è determinata tenendo conto della “base del livello di affidabilità fiscale che ha ottenuto il contribuente nel periodo precedente a quelli oggetto di concordato”.
In caso di dubbi, comunque, si invita sempre a rivolgersi ad un esperto del settore, come ad esempio un commercialista. In questo modo è possibile valutare se convenga o meno aderire al concordato preventivo biennale, tenendo conto della situazione economica della propria attività.