In caso di perdita di lavoro si è comunque tenuti al pagamento delle rate del concordato preventivo? Come canta Riccardo Cocciante con il brano Un nuovo amico: “Non farci caso tutto passa, hanno tradito anche me. Almeno adesso tu sai bene chi è. Piccolo grande aiuto, discreto amico muto. Il lavoro cosa vuoi che sia mai, un giorno bene, un giorno male, lo sai”. Come la sfera privata, anche quella professionale è caratterizzata da alti e bassi.
A momenti in cui tutto fila liscio l’olio possono seguire, purtroppo, periodi di difficoltà e viceversa.
Concordato preventivo biennale: in cosa consiste
Grazie al concordato preventivo biennale è possibile stipulare un accordo con l’Agenzia delle Entrate al fine di definire in anticipo la base imponibile su cui calcolare le tasse per i due anni seguenti. A tal proposito si ricorda che i forfettari non hanno l’obbligo esplicito di mantenere una contabilità dettagliata attraverso cui registrare i costi. Coloro che decidono di aderire al concordato, però, perdono di fatto tale semplificazione. Questo perché è previsto che entro il 15 marzo di ogni anno l’Agenzia delle Entrate metta a disposizione dei programmi informatici per acquisire determinati dati necessari all’elaborazione della richiesta.
Tra questi si citano i costi di esercizio. Ne consegue che anche i forfettari che decidono di aderire al concordato preventivo biennale hanno l’obbligo di tenere una contabilità sui costi, onde evitare di pagare più tasse del dovuto. Questo potrebbe succedere poiché l’Agenzia delle Entrate non considererebbe i costi sostenuti per svolgere l’attività e pertanto finirebbe per determinare un reddito più alto. Se tutto questo non bastasse, nel caso in cui il Fisco rilevasse delle incongruenze, i soggetti interessati potrebbero essere esclusi dal concordato preventivo biennale.
Concordato preventivo: chi perde il lavoro è tenuto comunque a pagare le rate?
Il contribuente che opta per il concordato biennale ha l’obbligo di pagare le imposte stabilite nell’accordo con l’Agenzia delle Entrate a prescindere dal reddito effettivamente percepito.
Tra le condizioni ammesse si annoverano la chiusura o il cambiamento dell’attività; così come eventi straordinari che riducono il reddito al di sotto del 50% rispetto a quanto stabilito con il concordato. Entrando nei dettagli, in base a quanto si evince dall’articolo 4 del decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 14 giugno 2024, si può chiedere la cessazione del concordato nei seguenti casi:
” a. eventi calamitosi per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi degli articoli 7, comma 1, lettera c), e 24, comma 1, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1;
b. altri eventi di natura straordinaria che hanno comportato:
1. danni ai locali destinati all’attività d’impresa o di lavoro autonomo, tali da renderli totalmente o parzialmente inagibili e non più idonei all’uso;
2. danni rilevanti alle scorte di magazzino tali da causare la sospensione del ciclo produttivo;
3. l’impossibilità di accedere ai locali di esercizio dell’attività;
4. la sospensione dell’attività, laddove l’unico o principale cliente sia un soggetto il quale, a sua volta, a causa di detti eventi, abbia interrotto l’attività;
c. liquidazione ordinaria, liquidazione coatta amministrativa o giudiziale;
d. cessione in affitto dell’unica azienda;
e. sospensione dell’attività ai fini amministrativi dandone comunicazione alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
f. sospensione dell’esercizio della professione dandone comunicazione all’ordine professionale di appartenenza o agli enti previdenziali e assistenziali o alle casse di competenza”.