Nel panorama lavorativo italiano, il bilanciamento tra vita professionale e familiare è supportato da strumenti legislativi come il congedo parentale. Questo istituto offre ai genitori la possibilità di prendersi cura dei propri figli nei primi anni di vita, garantendo al contempo la sicurezza del posto di lavoro. Tuttavia, un utilizzo improprio di tale diritto, come lo svolgimento di un secondo lavoro durante il periodo di congedo, può comportare gravi conseguenze, tra cui il licenziamento per giusta causa.
Le finalità del congedo parentale
Il congedo parentale è disciplinato dal Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e ha l’obiettivo di assicurare al bambino la presenza e l’assistenza dei genitori, favorendo un equilibrato sviluppo psicofisico.
Questo periodo di astensione dal lavoro è destinato esclusivamente alla cura del minore, e qualsiasi utilizzo diverso rappresenta un abuso del diritto.
La normativa prevede che ciascun genitore lavoratore dipendente possa usufruire di un periodo di congedo fino al compimento dei 12 anni di età del bambino, per una durata massima complessiva tra i genitori di 10 mesi, elevabili a 11 se il padre si astiene dal lavoro per almeno tre mesi. Durante questo periodo, il genitore ha diritto a un’indennità economica, che per i primi tre mesi è pari all’80% della retribuzione, mentre per i mesi successivi è del 30%.
Abuso del congedo parentale: il caso del secondo lavoro
Recenti pronunce giurisprudenziali hanno affrontato il tema dell’abuso del congedo parentale. In particolare, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2618 del 4 febbraio 2025, ha confermato la legittimità del licenziamento di un lavoratore che, durante il congedo parentale, svolgeva un’attività lavorativa presso un’altra azienda.
La Corte ha ribadito che tale comportamento è incompatibile con le finalità del congedo e lede il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e dipendente.
In un altro caso, un dipendente è stato licenziato per aver utilizzato il periodo di congedo parentale per lavorare nell’attività commerciale della moglie. Anche in questa circostanza, i giudici hanno ritenuto che il lavoratore avesse abusato del diritto al congedo, giustificando così il licenziamento per giusta causa.
Conseguenze dell’abuso del congedo parentale
L’utilizzo improprio del congedo parentale non solo contravviene alle sue finalità, ma può anche compromettere irrimediabilmente il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e dipendente. Il licenziamento per giusta causa è una delle possibili conseguenze di tali abusi, come evidenziato dalle sentenze menzionate. È quindi essenziale che i lavoratori rispettino le finalità del congedo parentale, utilizzandolo esclusivamente per la cura e l’assistenza dei propri figli.
Tirando le somme, possiamo dire che il congedo parentale rappresenta un diritto fondamentale per i genitori lavoratori, volto a garantire il benessere dei figli e a favorire un equilibrio tra vita professionale e familiare. Tuttavia, è imprescindibile che tale diritto venga esercitato in conformità alle sue finalità originarie. Qualsiasi deviazione, come l’impiego del periodo di congedo per svolgere un secondo lavoro, costituisce un abuso che può legittimare il datore di lavoro a procedere con il licenziamento per giusta causa.
Pertanto, i genitori sono chiamati a utilizzare il congedo parentale in modo responsabile e coerente con gli scopi per cui è stato istituito, assicurando così la tutela dei propri diritti e il rispetto delle normative vigenti.
I punti chiave.
- Svolgere un secondo lavoro durante il congedo parentale può portare al licenziamento per giusta causa.
- La Cassazione ha confermato che un uso improprio del congedo viola il rapporto fiduciario con il datore di lavoro.
- Il congedo deve essere utilizzato solo per la cura dei figli, altrimenti si rischiano sanzioni.