Ancora poche settimane e saranno in 16 milioni a ricevere il conguaglio sulle pensioni relativo all’anno 2023. Il governo Meloni ha deciso di anticiparlo al mese di novembre. Accadde lo stesso l’anno scorso, quando il premier Mario Draghi corrispose il pagamento con qualche mese di anticipo rispetto a gennaio. Il costo complessivo per le casse dell’Inps è stimato in 3,2 miliardi di euro. Vi spieghiamo di cosa si tratta passo dopo passo e cercheremo di capire insieme a quanto ammonterà il pagamento una tantum.
Anticipo conguaglio a novembre
Come sappiamo, ogni anno gli assegni vengono rivalutati in base al tasso d’inflazione a partire dal mese di gennaio. Per far scattare gli aumenti in tempo, il Ministero di economia e finanze è solito procedere alla firma del decreto sulla rivalutazione ben prima che si chiuda l’anno, cioè tra ottobre e novembre, quando il dato sull’inflazione nei dodici mesi non può che essere soltanto stimato. Nel 2022, il ministro Giancarlo Giorgetti firmò un aumento del 7,3%, ma a fine anno l’inflazione risultò essere stata dell’8,1%.
Da questa discrepanza è emersa l’esigenza di procedere al pagamento del conguaglio sulle pensioni del 2023. Ufficialmente, tale differenza sarebbe dovuta essere pagata a gennaio. Tuttavia, il governo ha preferito anticipare il pagamento per due ragioni. La prima è che così potrà fare ricadere i 3,2 miliardi del costo sul 2023, quando non è ancora in vigore il Patto di stabilità. Secondariamente, si punta a sostenere il potere di acquisto di 16 milioni di pensionati a ridosso delle festività natalizie.
Assegno novembre più pesante dello 0,8%
A quanto ammonterà, quindi, il conguaglio sulle pensioni di novembre? Esso sarà pari allo 0,8% di tutti gli assegni corrisposti nell’anno. Ad esempio, se un pensionato percepisce 1.000 euro lordi esatti, avrà diritto a 8 euro al mese in più (lordi), moltiplicati per tutti i mesi arretrati.
Non tutti gli assegni, però, beneficeranno della stessa percentuale di conguaglio sulle pensioni. Ecco come si ridurrà per i seguenti importi mensili:
- tra 2.101,53 e 2.626,90 euro, scende allo 0,68%;
- tra 2.626,91 e 3.152,28 euro, si abbassa ancora allo 0,424%;
- tra 3.152,29 e 4.203,04 euro, scende ulteriormente allo 0,376%;
- tra 4.203,05 e 5.253,80 euro, sarà dello 0,296%;
- sopra 5.253,80 euro, si ridurrà ad appena lo 0,256%.
Conguaglio pensioni 2023, décalage tra polemiche
Chi percepisce un assegno di 7.000 euro lordi al mese, ad esempio, avrà diritto a un conguaglio di 17,92 euro. Se fosse stato pieno, sarebbe ammontato a 56 euro. Il décalage esisteva già in passato, ma con il governo Meloni è stato inasprito a partire dagli importi superiori a cinque volte il trattamento minimo. L’obiettivo è stato di abbassare la spesa per le pensioni, che a seguito dell’alta inflazione è esplosa di oltre una ventina di miliardi solo per quest’anno. La misura è stata assai contestata dai diretti interessati e su di essa pende persino il rischio di incostituzionalità.
Ad ogni modo, la stragrande maggioranza dei pensionati avrà diritto al conguaglio sulle pensioni nel mese di novembre in misura piena. Non sarà la soluzione ai problemi del carovita, ma perlomeno l’assegno più pesante darà una mano con il pagamento di qualche bolletta. Quanto alla rivalutazione degli assegni a partire da gennaio, sarà del 5,4% per gli assegni fino a cinque volte il trattamento minimo e a scalare per gli importi superiori secondo le modalità sopra accennate.