I conti correnti degli italiani potrebbero essere più a rischio di quanto già immaginiamo. A metterlo nero su bianco è stata niente di meno che la BCE, chiamata da Consiglio d’Europa ed Europarlamento, nel febbraio scorso, ad esprimere un parere sulla “Bank recovery and resolution directive” (Brr), la direttiva comunitaria sul cosiddetto “bail-in”, la nuova disciplina sui salvataggi bancari, entrata in vigore dal gennaio dello scorso anno e già oggetto di forti critiche da parte degli stessi governi che pure l’approvarono senza battere ciglio.
In futuro, le cose potrebbero andare diversamente, se fosse accolto il parere della BCE, secondo cui bisognerebbe introdurre una sorta di “pre-risoluzione” della durata di 5 giorni, nel corso dei quali i conti bancari verrebbero bloccati, consentendo l’accesso ai titolari solo per spese giornaliere e dietro autorizzazione della banca con debito preavviso. Inoltre, l’istituto dovrebbe potere essere in grado di mettere mano anche ai depositi inferiori ai 100.000 euro, in nome di quella “flessibilità” di intervento, che si rivelerebbe necessaria per affrontare al meglio i casi di crisi.
La stessa BCE, però, si mostra consapevole che la misura, ove approvata, rischierebbe di provocare una sfiducia generalizzata tra i risparmiatori, i quali si ritroverebbero senza garanzie anche per i risparmi di piccola entità.
La giravolta della BCE sulle banche
Ora, è necessario fare presente che la BCE ha rilasciato il suo parere, ma che questo non è vincolante e né è detto che verrà mai messo in pratica. E’ bene prendere atto, però, che in Europa stia prevalendo un’interpretazione sempre meno favorevole al piccolo risparmio, dopo che i casi delle due banche venete e di MPS avevano segnalato una forte flessibilità di Bruxelles nell’applicazione della direttiva sul “bail-in”. Anzi, proprio la BCE si era mostrata abbastanza benevole con i piccoli risparmiatori italiani, facendo pressione sulla Commissione, affinché fossero esclusi dalle perdite persino gli obbligazionisti subordinati del canale retail, in modo da accelerare le procedure di salvataggio degli istituti coinvolti.
Il parere depositato l’8 novembre scorso in un paper di 58 pagine pare più che altro un esercizio teorico, se vogliamo un monito al mercato, affinché non approfitti della garanzia sui depositi sotto i 100.000 euro per spostare il proprio denaro laddove sarebbe remunerato meglio, indipendentemente dalla solidità dell’istituto. Fa ancora più impressione constatare, ad esempio, che proprio il governatore Mario Draghi è colui che più di tutti da anni fa pressione sulla Germania, affinché avalli una garanzia unica sui depositi nell’Eurozona, a completamento dell’Unione bancaria. Le resistenze dei tedeschi sono note, temendo essi di dover condividere rischi a carico attualmente dei contribuenti degli altri stati membri dell’area.
Cosa accade senza garanzie sui conti bancari
Quali sarebbero gli effetti di un’applicazione indiscriminata del bail-in, senza riguardo nemmeno per i piccoli risparmi? Uno sarebbe positivo: i risparmiatori sceglierebbero meglio la loro banca, avendo cura di depositare il loro denaro negli istituti più sicuri, consapevoli che altrimenti rischierebbero di rimetterci di tasca propria. Improbabile, però, che i piccoli capitali vengano investiti tutti in oro o altri assets, come sostiene la BCE. In primis, perché per cifre basse non vale spesso la pena né di affrontare il rischio, né di sostenere i relativi costi. Secondariamente, perché i piccoli risparmiatori tendono anche ad essere più avversi al rischio e preferiscono semmai tenere il denaro presso strumenti finanziari percepiti come “sicuri”. E pur ammesso che iniziassero a comprare assets fisici come oro, dove lo dovrebbero tenere? A casa, esponendosi ai furti o dovrebbero per caso depositarlo presso una cassaforte in banca, ma dietro pagamento di un canone annuo?
E allora, la conseguenza probabile e temibile di una misura così sciagurata sarebbe la fuga dei capitali all’estero. Miliardi prenderebbero il volo per destinazioni-rifugio come la vicina Svizzera, colpendo la liquidità delle banche nell’area. Se fino a pochi anni fa, trasferire capitali all’estero implicava la necessità di spostarsi fisicamente, adesso serve solo qualche clic, trasferendo online le giacenze di un conto chiuso su un altro di una banca estera. I banchieri centrali e i governi lo sanno ed è impensabile che arrivino a livelli di tale idiozia. A rischio vi sarebbero la pacifica convivenza e la stabilità dei sistemi bancari dell’Eurozona. (Leggi anche: Crisi banche, rischio bail-in in Italia cresce)