Rischio di prelievo forzoso?
Per l’Italia, significa che gli stanziamenti accantonati dalle banche più che raddoppieranno a 4 miliardi nel prossimo decennio, pur restando relativamente basse. E’ verosimile, infatti, che nel caso di difficoltà di una qualche banca di medie dimensioni, gli altri istituti debbano metter mano al portafoglio per rimpinguare immediatamente le casse del fondo e rendere quanto meno sufficienti le risorse in favore dei risparmiatori salvati. Ma c’è un altro aspetto su cui ci si concentra di meno e sul quale si registra anche tra la stampa notevole confusione.
A differenza di quanto molti giornali scrivono, il “bail-in” non è un
prelievo forzoso ai danni dei correntisti, bensì un loro coinvolgimento nelle perdite dell’istituto. Il prelievo forzoso è quello, che avvenne in Italia nella notte tra il 9 e il 10 luglio del 1992, quando l’allora governo Amato decise di “salvare” i conti pubblici, tassando tutti i conti bancari dello 0,6% e incassando all’istante 11.500 miliardi di lire. La conseguenza fu che gli italiani si svegliarono un tantino più poveri, mentre la sfiducia sui mercati s’impennò, la speculazione di abbatté sulla lira, che dovette uscire dallo SME, mentre l’economia italiana entrò in recessione. Domanda: ma i conti fino a 100.000 euro sono tutelati da un prelievo forzoso? Risposta: assolutamente no. Infatti, si tratta di una forma di tassazione, che può colpire i conti di qualsiasi dimensione, stando al governo la scelta di quali eventualmente escludere dalla stangata. Altra domanda: c’è l’effettivo rischio che ciò avvenga?