Nuovo passo in avanti del Fisco sul monitoraggio dei conti correnti degli italiani. Entro fine marzo, il Ministero dell’economia e finanze emanerà i decreti attuativi con i quali procedere dal prossimo 1 aprile a una ulteriore stretta contro l’evasione fiscale. Un algoritmo sarà in grado di scovare con maggiore precisione i profili a rischio degli utenti bancari. Restano i dubbi dell’Autorità Garante per la Privacy sulle modalità con cui questa “schedatura” di massa garantirà l’anonimato, dato che la conservazione dei dati, per quanto non avvenga con l’elencazione di nomi e cognomi, consentirebbe pur sempre il collegamento con questi ultimi.
Come funzionerà il monitoraggio? Il suddetto algoritmo, anche ricorrendo a una più ampia banca dati come i conti correnti accesi presso più istituti, dovrebbe concentrarsi sulle incongruenze più palesi. In pratica, se le dichiarazioni dei redditi non coincidessero con le variazioni delle giacenze in un dato esercizio, l’amministrazione finanziaria provvederà a condurre accertamenti, chiaramente consentendo al contribuente di difendersi fornendo spiegazioni.
Nel mirino vi saranno, in particolare, le cosiddette “giacenze ferme”. In altre parole, se il conto in banca non fa che crescere o, comunque, resta intatto, qualcuno all’Agenzia delle Entrate si chiederà con quali mezzi il suo titolare stia vivendo. E non è tutto. La lotta contro l’evasione fiscale si arricchisce di note di colore non di poca importanza. Come prove contro il contribuente saranno utilizzabili anche notizie apparse sui giornali, comunicazioni pubbliche e post/foto sui social. Di cosa parliamo? Avete presente quando andate in vacanza e postate immagini di mete da sogno, spa e alberghi lussuosi con cui far morire d’invidia i vostri contatti? Fatelo solo se non avete nulla, ma davvero nulla, da temere.
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Addio, privacy
Non sappiamo quanto questo spionaggio da ex DDR funzionerà per scovare gli allergici alle tasse, ma ci sentiamo già da oggi di dirvi che provocherà un’ondata di panico del tutto negativa per l’economia italiana, per quanto parzialmente già dipanatasi negli anni passati, sin dai blitz mediatici dell’era Monti, che non a caso coincisero con una profonda e lunga recessione del pil.
Una famiglia vive con mezzi che spesso non coincidono con i redditi in entrata, pur senza nascondere alcunché al Fisco. Pensate a un/a figlio/a che accudisce il genitore e per questo riceve ogni mese un apporto economico con cui sostentarsi. O, al contrario, a un anziano che vive a carico dei figli, non essendo autonomo per via di un assegno pensionistico basso. Per non parlare di quanto fuorvianti siano i social nel contraddistinguere la vita reale degli utenti. Davvero immaginiamo che sia normale essere convocati nella filiale più vicina dell’Agenzia delle Entrate a dare conto di cosa abbiamo postato su Facebook o Instagram e delle divergenze tra giacenze e redditi?
Attenzione, non stiamo dicendo che i conti bancari non possano mai costituire prova o almeno indizio di evasione fiscale, ma certamente non in queste modalità sistematiche da regime del terrore. Esiste una sfera intima, riservata, che tale deve rimanere sempre, opponibile nei confronti di chicchessia. Un contribuente può benissimo pagare tutte le tasse dovute e nemmeno intaccare il proprio reddito, se a mantenerlo sia un terzo, come un amante o anche il partner non ufficiale per i canoni legislativi. Perché mai dovrebbe spiegare come vive a un grigio funzionario, che essendo un’entità in carne e ossa, pur soggetto agli obblighi di riservatezza, finirebbe ugualmente per infrangere la sua sfera di riservatezza?
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