Non tutti i contratti di lavoro sono uguali: e se il lavoratore dipendente aspira al “noioso” contratto a tempo indeterminato, i datori di lavoro propongono quasi sempre forme di contratto a progetto o consulenze esterne con partita iva. A quanto ammonta per loro il vantaggio fiscale di questa scelta?
IL CONTRATTO DI COLLABORAZIONE A PROGETTO: USI E ABUSI
Il contratto a progetto nasce (con il d.lgs. 276/2003, noto come Legge Biagi) per regolare una prestazione di lavoro a tempo determinato mirante ad un risultato ben specifico, il progetto appunto.
CONTRATTO A PROGETTO CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO: STRANO CASO DI SINOMINI
Purtroppo, nonostante il controllo degli Ispettori del Lavoro, è risaputo che spesso i contratti a progetto sono modi che i datori di lavoro usano, a scapito dei dipendenti, per eludere la normativa vigente per il lavoro subordinato. Vediamo come: nel contratto a progetto la forma scritta serve al committente per provare l’esistenza di un progetto che giustifica la collaborazione. Non si tratta di lavoro subordinato: può al massimo essere configurato un coordinamento dell’attività che però resta libera per il soggetto nella scelta delle modalità esecutive.
CONTRATTO A PROGETTO CALL CENTER: CASI DI ORDINARI ABUSI
Due anni dopo, con la Circolare n. 17/2006, il Ministero entra in un ambito in cui la forma contrattuale a progetto è particolarmente abusata, il call center. Vengono specificati i limiti dell’applicabilità.
Nella n. 4/2008 vengono elencate una serie di attività per cui la forma del subordinato si presume, male adattandosi la possibilità di un progetto:
– addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici;
– addetti alle agenzie ippiche;
– addetti alle pulizie;
– autisti e autotrasportatori;
– babysitter e badanti;
– baristi e camerieri;
– commessi e addetti alla vendita;
– custodi e portieri;
– estetiste e parrucchieri;
– facchini;
– istruttori di autoscuola;
– letturisti di contatori;
– manutentori;
– muratori e qualifiche operaie dell’edilizia;
– piloti e assistenti di volo;
– prestatori di manodopera nel settore agricolo;
– addetti alle attività di segreteria e terminalisti.
FINTA COLLABORAZIONE PARTITA IVA
Chi lavora con partita iva invece offre una prestazione come libero professionista.
In pratica le società spingono i dipendenti ad aprire partita iva: questi figurano quindi come consulenti esterni anche se di fatto devono sottostare ad obblighi quotidiani tipici del lavoro subordinato. Vengono meno tutti i vantaggi della libera professione, come la possibilità di avere più committenti. Peraltro la riforma del regime dei minimi (per i quali sono stati rivisti in senso restrittivo i requisiti d’accesso) non fa che aggravare la posizione di queste finti liberi professionisti.
La deregulation per le aziende che assumono (ma non formalmente)è pressoché totale: non sono previste tariffe minime, ferie, malattie etc.
A confermare questo abuso dello strumento della partita iva sono i dati che vedono la libera professione espandersi in ogni ambito, da quello legale all’architettura, dal settore assicurativo a quello pubblicitario, dall’ingegneria all’informatica, dall’archeologia all’editoria etc.
Dietro ai contratti a progetto e alle collaborazioni a partita iva si celano spesso rapporti di lavoro continuativi e di carattere eterogeneo. Non si tratta certo di un problema nuovo ma ciò non significa che non valga la pena parlarne, in caso contrario il rischio è quello di una tacita accettazione, cosa che avviene fin troppo spesso in un’Italia rassegnata alle ingiustizie.
REQUISITI DEL LAVORO SUBORDINATO E ASTUZIE DELL’AFFLIGGI ITALIA
I giudici del Lavoro hanno individuato alcuni requisiti che lasciano presumere l’esistenza di un vincolo di subordinazione in un rapporto di tipo professionale: orari ben stabiliti, pagamento ad ore, sottoposizione disciplinare, inserimento nell’attività produttiva aziendale etc.
Il fenomeno delle false partite iva e dei contratti a progetto forzati è stato inquadrato come “precariato fraudolento”. E’ da qui che dovrebbe partire una riforma del lavoro efficiente, dai giovani che non vengono valorizzati. Sono escamotage legati a cavilli legislativi che non andrebbero condannati solo dal punto di vista morale ma anche giuridico. Sono le astuzie “affliggi Italia”.