Contratto lavoro domestico. Nessuna tassa per la cessazione del contratto, ma quello a termine è soggetto all’aliquota maggiorata dell’1,4 per cento. Lo prevede l’Inps con la circolare n. 25/2013, che precisa anche altri aspetti riguardanti i lavoratori domestici secondo le novità introdotte dalla recente legge di riforma del mercato del lavoro, la legge n. 92 del 2012.
Cessazione lavoro domestico, niente maxi tassa
Si legge nella circolare Inps che “relativamente al contributo dovuto in caso di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato previsto al comma 31, art.
Contributi lavoro domestico
Nella circolare in oggetto, l’Istituto guidato da Mastrapasqua ha previsto che sulla contribuzione dovuta per i rapporti di lavoro di colf e badanti, a partire dal 1° gennaio 2013, hanno effetto alcune delle novità introdotte dalla legge 28 giugno 2012, n. 92 e in particolare l’art. 2 il quale ha previsto che l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria (DS) è sostituita dall’Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI), ma non si pagherà il ticket in caso di cessazione del contratto di lavoro domestico. Ma le novità per i lavoratori domestici non si arrestano qua.
Contratto lavoro domestico e il contributo addizionale
Sempre la legge di riforma del mercato del lavoro, la n. 92 del 2012 ha previsto che ai rapporti di lavoro a tempo determinato si applica un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all’ 1,40% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali (retribuzione convenzionale). Questo contributo però non si applica ai lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti.
Restituzione contributo
Nel caso di trasformazione del contratto di lavoro domestico, da tempo determinato a tempo indeterminato, la riforma del lavoro prevede anche la restituzione al datore di lavoro del contributo addizionale pagato negli ultimi sei mesi. La restituzione può avvenire anche nel caso in cui il datore di lavoro riassuma il lavoratore entro sei mesi dalla scadenza del contratto a termine, con una riduzione del rimborso corrispondente ai mesi che intercorrono tra la scadenza e l’assunzione a tempo indeterminato.