Contratto o partita IVA? Assunzione da dipendente o lavoro autonomo da libero professionista? Chi non si è mai trovato di fronte a questo cruciale bivio professionale almeno una volta nella vita?
Nella scelta si valutano pro e contro delle due condizioni e si mette in comparazione probabilmente anche l’aspetto fiscale. Ma chi paga più tasse tra partita IVA e dipendente a contratto? Rispondere a questa domanda, senza cadere nei luoghi comuni, non è facile: lo faremo con i numeri, basandoci solo sui dati della Cgia di Mestre e quindi nel modo più obiettivo possibile.
Pressione fiscale lavoratori autonomi: quante tasse paga chi apre una partita IVA?
Stando alle accuse della Cgia di Mestre è stato proprio il popolo delle partite IVA, un esercito di circa tre milioni di persone tra autonomi, ditte individuali, imprese e liberi professionisti ad essere tagliato fuori dalle misure del governo Renzi. Le uniche agevolazioni a vantaggio dei piccoli produttori hanno riguardato il credito di imposta del 10% dell’Irap per le aziende senza dipendenti e l’incremento delle deduzioni forfettarie della base imponibile Irap, la riduzione dell’Inail e del diritto camerale. Ad oggi la pressione fiscale sulle partite IVA è del 51%.
Quale partita IVA aprire per pagare meno tasse?
Busta paga, stipendio netto e lordo: quante tasse paga un lavoratore dipendente?
Secondo l’analisi della Corte dei Conti, la pressione fiscale in Italia è al 42,5%, al di sopra della media europea. Il cuneo fiscale per un dipendente medio, ovvero la differenza tra il costo del lavoro a carico dell’impresa e il netto che il lavoratore percepisce in busta paga, è del 49% ed eccede di 10 punti la media Ue. I costi di adempimento degli obblighi tributari corrispondono a 269 ore lavorative, il 55% in più rispetto al resto d’Europa.
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