Si sente spesso parlare di versamenti di contributi volontari per andare in pensione, ma non tutti sanno esattamente a cosa serve e come funziona. Tuttavia, questa pratica è importante ai fini pensionistici al fine del raggiungimento dei requisiti minimi richiesti per la pensione ordinaria o anticipata.
I contributi volontari consentono. infatti, all’assicurato di coprire eventuali periodi assicurativi scoperti dopo la fine del lavoro o di colmare lacune previdenziali a fini pensionistici. Uno degli esempi più noti è il riscatto della laurea che prevede la possibilità di riscattare ai fini pensionistici fino a 6 anni il periodo trascorso come studente all’università.
Pensione e contributi volontari
Spesso conviene, quindi, pagare per ottenere una rendita migliore o semplicemente per soddisfare i requisiti contributivi necessari per la pensione. Tuttavia il riscatto dei contributi e i relativi versamenti, necessitano sempre dell’autorizzazione Inps per i versamenti volontari. E sono anche molto onerosi poichè il conteggio è effettuato col metodo della riserva matematica.
Solitamente le domande vengono presentate all’Inps o ad altri enti pensionistici, che valutano le circostanze individuali e autorizzano il riscatto o il versamento dei contributi a titolo oneroso. Ovviamente l’ostacolo principale è il costo da sostenere per coprire il periodo da coprire. Anche se si tratta di lavoro svolto all’estero o di periodi di interruzione del lavoro.
A seconda delle circostanze e delle diverse amministrazioni previdenziali, gli importi possono raggiungere cifre rilevanti e non sempre sostenibili. Soprattutto se il lavoratore è stato disoccupato e ha molte settimane da riscattare presso l’amministrazione pensionistica competente. Per questo è sempre bene fare i dovuti calcoli necessari.
L’alternativa della pensione integrativa
In alternativa ai versamenti dei contributi volontari presso l’Inps, il lavoratore potrebbe valutare anche la possibilità di farsi una pensione integrativa. Questo però è un percorso del tutto diverso da quello finora analizzato.
In questo caso val bene analizzare la posizione previdenziale di ciascun lavoratore. Ad esempio, se un lavoratore ha già raggiunto il requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia (20 anni) e sta aspettando di compiere i 67 anni, non ha molto senso incrementare il montante contributivo. In questo caso val bene considerare la via della previdenza complementare attraverso i fondi pensione aperti.
Viceversa, se al lavoratore mancano 6 mesi di contributi per ricevere la pensione di vecchiaia, varrebbe certamente la pena riscattare il periodo mancante per raggiunger eil requisito minimo necessario. Altrimenti il rischio è quello di dover aspettare il compimento di 71 anni per uscire senza vincoli di sorta.
Versamento contributi e vantaggio fiscale
In entrambi i casi, sia che si tratta di versamenti volontari o di costituzione di una pensione integrativa, il vantaggio fiscale è lo stesso. La somma massima deducibile dall’imponibile Irpef per ogni anno è di 5.164 euro.
Per quanto riguarda la previdenza integrativa, la rendita è tassata con una aliquota che va dal 9 al 15 per cento in base an numero di anni di versamento. Contro un’aliquota minima Irpef applicata alla pensione pubblica del 23%.
Riassumendo…
- I versamenti di contributi volontari servono spesso per andare in pensione prima.
- In molti casi la copertura è necessaria per raggiungere i requisiti contributivi minimi.
- In alternativa si può considerare la strada della previdenza integrativa.
- I versamenti volontari ai fini pensionistici sono deducibili nel limite di 5.164 euro all’anno.