L’introduzione di nuovi controlli per le imprese che ricevono finanziamenti pubblici rappresenta una svolta significativa nel panorama delle aziende italiane. L’articolo 112 del disegno di legge di Bilancio, proposto dal governo, mira a rafforzare la supervisione sull’uso dei fondi pubblici ricevuti da privati e aziende. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) ha imposto la presenza di un proprio rappresentante negli organi di controllo di ogni società che beneficia di contributi superiori a 100.000 euro. Questa misura comporta l’obbligo per le imprese di inserire un rappresentante ministeriale nel “collegio di revisione o sindacale”, coinvolgendo quindi attivamente il Mef nella gestione e nella verifica delle risorse ricevute.
Le aziende coinvolte e le modifiche richieste
Le nuove disposizioni si rivolgono principalmente a società, enti e fondazioni che ricevono contributi dallo Stato di importo superiore a 100.000 euro, cifra fissata come soglia transitoria in attesa di un decreto del presidente del Consiglio, previsto per marzo 2025, che potrebbe stabilire nuovi parametri. L’obbligo si applica anche nel caso di contributi indiretti o sotto qualsiasi altra forma. Tuttavia, sono escluse da questa normativa le società già partecipate o controllate da enti locali o Regioni, un’esenzione che rappresenta una deroga al principio dichiarato dalla stessa amministrazione di non intervenire nei meccanismi interni delle imprese.
Le imprese che superano la soglia fissata di contributi devono attuare, entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge, modifiche statutarie e organizzative che consentano l’ingresso del rappresentante del Mef nei loro organi di controllo. Questo rappresentante, una volta nominato, avrà il compito di monitorare l’uso dei fondi e redigere rapporti da inviare alla Ragioneria generale dello Stato. Tale figura non comporterà un aumento dei membri nel collegio sindacale, ma sostituirà uno dei membri esistenti, in modo da evitare aggravi economici per l’impresa. È previsto, tuttavia, che il costo del rappresentante Mef sarà a carico dell’impresa stessa.
Controlli imprese, l’impatto sui giornali e le prospettive future
Un settore particolarmente colpito da questa misura è quello dell’editoria. Secondo i dati del Dipartimento per l’informazione e l’editoria, circa 80 imprese editoriali che hanno ricevuto contributi pubblici superiori alla soglia indicata dovranno adeguarsi al nuovo obbligo di controllo. L’applicazione della normativa comporta una serie di sfide operative per il Mef, in quanto sarà necessario trovare un rappresentante ministeriale per ciascuna di queste imprese, non solo nel settore editoriale, ma anche tra centinaia di altre aziende che, in diversi settori produttivi, ricevono aiuti pubblici rilevanti. Per l’anno 2024, infatti, risulta che oltre 380 imprese abbiano beneficiato di contributi superiori a 100.000 euro, una cifra che comprende principalmente piccole e medie imprese. L’iniziativa si inserisce nel contesto di una serie di misure più ampie adottate dal governo per migliorare la trasparenza e la gestione delle risorse pubbliche.
In aggiunta, dal 2028, verrà introdotto un nuovo regime di “adempimento collaborativo”, che prevede un trattamento sanzionatorio più favorevole per le imprese che dimostreranno comportamenti virtuosi nella gestione dei fondi ricevuti. Questa proposta ha sollevato dibattiti tra gli operatori economici, molti dei quali vedono la presenza di un rappresentante ministeriale come un’invasione dell’autonomia aziendale, mentre altri riconoscono la necessità di un maggiore controllo sui fondi pubblici. Le aziende che desiderano evitare questa forma di supervisione dovranno rinunciare a contributi superiori a 99.999 euro, una condizione che potrebbe avere un impatto significativo su alcune realtà, soprattutto quelle più piccole e dipendenti dai finanziamenti pubblici. Il Registro nazionale degli aiuti, in collaborazione con la banca dati europea per la trasparenza sugli aiuti di Stato, continuerà a monitorare le erogazioni pubbliche. Grazie a questi strumenti, sarà possibile mantenere una lista aggiornata delle imprese coinvolte, favorendo un sistema di controllo incrociato che, nelle intenzioni del governo, dovrebbe prevenire abusi e sprechi.
In sintesi…
- Il governo impone alle imprese che ricevono oltre 100.000 euro di contributi pubblici di accogliere un rappresentante del Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) nel loro organo di controllo per monitorare l’uso dei fondi.
- L’obbligo si applica a società, enti e fondazioni, esclusi gli enti locali e le partecipate da Regioni; le aziende avranno 120 giorni per apportare le modifiche statutarie necessarie.
- Tra le imprese coinvolte figurano 80 testate giornalistiche, con oltre 380 aziende totali monitorate dal Registro nazionale degli aiuti, per assicurare trasparenza e responsabilità nella gestione delle risorse pubbliche.