Quando parliamo di “bonifici sospetti” e controllo sui movimenti sui conti corrente chi è che rischia l’accertamento il conto in uscita o quello in entrata? In altre parole le Entrate analizzano i bonifici fatti o quelli ricevuti?
Rientra tra i poteri del Fisco quello di accedere ai conti corrente e conoscere saldo e giacenza ma anche i singoli movimenti. Tutto viene registrato nel flusso di dati che le banche inviano a cadenza periodica all’Amministrazione Finanziaria, e che vengono conservati in un vasto archivio telematico, l’Anagrafe dei rapporti finanziari, detta anche Anagrafe dei conti correnti.
Prima di ingenerare allarmismo infondato però è bene chiarire che l’Agenzia delle Entrate non effettua controlli tutti i giorni: le verifiche sui conti presuppongono un accertamento in corso o dei sospetti di evasione fiscale.
Nel caso di controlli fiscali sui bonifici, i rischi maggiori riguardano chi riceve il denaro (specialmente se la transazione non è stata dichiarata correttamente nella denuncia dei redditi o non è stata fornita la prova che si tratti di soldi esentasse).
Se si tratta di un versamento in denaro da cui emergono incongruità rispetto a quanto denunciato nel 730, il Fisco può chiedere spiegazioni al riguardo, a cominciare dall’origine del denaro. Se il contribuente non è in grado di giustificare quell’entrata – fornendo un documento scritto e con data certa – a seguito della verifica potrebbero scattare delle sanzioni. L’Amministrazione Finanziaria può anche a dire il vero inviare direttamente un avviso di accertamento, senza chiedere previe spiegazioni. La legge, infatti, non lascia spazio a dubbi in questo senso: tutti gli accrediti sul conto che non trovano una corrispondente della dichiarazione dei redditi sono da intendere come ricavi in nero. L’unica via per provare il contrario, in questo caso, resta quella di rivolgersi al giudice, per cercare di dimostrare che quei redditi sono stati già tassati alla fonte oppure sono esentasse.