Come noto, l’Agenzia delle Entrate può effettuare controlli a tappeto sui nostri conti correnti. Lo scopo è quello di combattere l’evasione fiscale sulle transazioni di denaro sospette, cioè quelle per le quali non vi è rispondenza pratica con la dichiarazione dei redditi.
Nel mirino ci sono soprattutto imprenditori e titolari di partita iva, ma anche i contribuenti comuni posso essere assoggettati alle stesse verifiche. Per i primi, i controlli dell’Agenzia delle Entrate si spingono verso qualsiasi operazione (bonifici, versamenti, prelievi) di importo superiore a 5.000 euro al mese o 1.000 euro al giorno.
I controlli sui conti correnti
Detto questo, è bene prestare la massima attenzione alle operazioni che si fanno. Per l’Agenzia delle Entrate i bonifici e i versamenti sul conto costituiscono sempre presunzione di evasione fiscale se non vi è rispondenza con la dichiarazione dei redditi o la provenienza del denaro non è chiara. Effettuare un versamento in contanti, quindi, è rischioso se non si riuscirà a dimostrare da dove arrivano i soldi. Pertanto è sempre bene conservare una pezza giustificativa qualora il fisco chieda chiarimenti, pena il pagamento di sanzioni e imposte. In questo modo pare che il fisco voglia terrorizzare il contribuente, ma i controlli sui conti corrente – è bene precisare – saranno mirati.
Come difendersi dai controlli
Esistono, comunque, dei termini ben definiti per contestare eventuali somme di denaro movimentate sul conto corrente. La decadenza è di cinque anni che si contano a partire dall’anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi. Se però la dichiarazione non è mai stata eseguita, il termine diventa di sette anni. Se la contestazione avviene all’interno di questo arco temporale, il contribuente cosa può fare per difendersi? In sostanza bisogna provare che il denaro proviene da fonte non imponibile, cioè esentasse (vendita di beni usati, donazione, prestito, ecc.) oppure che sia già stato tassato alla fonte (vincita alla lotteria).
Come avvengono i controlli
Benchè la legge stabilisce che in caso di controlli da parte del fisco sui conti in banca il titolare debba essere informato, la Cassazione ha precisato che non esiste del cosiddetto «contraddittorio preventivo» ossia di una fase preliminare – anteriore all’emissione dell’accertamento – in cui c’è un confronto tra il funzionario del fisco e il titolare del conto corrente. Pertanto non è detto che il contribuente venga informato in questa prima fase di indagine fino a quando non verrà emesso l’avviso di accertamento. L’Agenzia delle Entrate può quindi procedere in completa autonomia, ma è sempre riservato il diritto alla difesa da parte del contribuente.