Se Federal Reserve e Banca Centrale Europea continuano ad alzare i rispettivi tassi d’interesse, l’inazione della Banca del Giappone sta diventando ogni mese più costosa. Dopo i 17.000 miliardi di yen (130 miliardi di dollari) spesi a dicembre per comprare bond sovrani e tenerne sotto controllo i rendimenti, a gennaio l’istituto ha dovuto sborsare altri 23.690 miliardi di yen, segnando l’ennesimo record storico. La cifra corrisponde a circa 182 miliardi di dollari. Nei giorni scorsi, ha persino erogato prestiti a 5 anni in cambio di titoli di stato come collaterale di garanzia per 1.000 miliardi di yen (7 miliardi di euro).
Lo yen è sceso sotto il tasso di cambio di 130 contro il dollaro. Guadagna così il 16,5% dai minimi toccati a ottobre. Il mercato sconta la svolta monetaria in aprile, quando il mandato del governatore Haruhiko Kuroda scade e il successore ancora ignoto con ogni probabilità chiuderà con la politica dei tassi negativi. I rendimenti in Giappone restano bassissimi, sebbene in termini reali risultino superiori a quelli imperanti in gran parte dei mercati avanzati. Infatti, a dicembre qui l’inflazione è salita al 4%, dato che si confronta con l’8,5% (di gennaio) nell’Area Euro e del 6,5% negli Stati Uniti.
Rendimenti Giappone destinati a salire
Resta il fatto che il controllo della curva dei rendimenti non si rivela più possibile da sostenere. Le maxi-iniezioni di liquidità necessarie per sostenere i bond rischiano di alimentare esse stesse l’inflazione. La loro sterilizzazione diventa sempre più complicata per via della scarsa domanda di bond in asta da parte degli investitori istituzionali.
In primavera, tra conclusione avvenuta o imminente della stretta monetaria negli Stati Uniti e Area Euro e l’aumento dei tassi probabile in Giappone, il rafforzamento dello yen contro le principali valute mondiali potrebbe diventare evidente. L’afflusso di capitali dall’estero servirebbe a sua volta a calmierare i rendimenti dei bond. Con un debito pubblico superiore al 260% del PIL, sebbene ormai ampiamente nei bilanci della Banca del Giappone, anche piccole variazioni dei rendimenti rischiano di impattare sui conti pubblici.