Il controllo delle armi divide l’America: anche Trump chiede restrizioni, ma servono?

America divisa sulla vendita facile delle armi. Il presidente Trump invoca restrizioni e ai suoi suggerisce di non avere paura della lobby. Restrizioni forse in arrivo, ma il dibattito è più complesso di quel che appare.
7 anni fa
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L’America s’interroga sul da farsi dopo l’ennesima strage avvenuta in un liceo di Portland, in Florida, che ha visto il 19-enne Nikolas Cruz uccidere 17 persone. In un dibattito bipartisan con tanto di telecamere, il presidente Donald Trump ha scioccato deputati e senatori, quando indirizzandosi alla sua maggioranza repubblicana l’ha invitata a “non avere troppa paura” della NRA (“National Rifle Association”), la lobby delle armi negli USA. Durante il confronto, Trump ha sostenuto la necessità di disarmare quanti, come nel caso del giovane stragista della Florida, siano stati segnalati per disturbi mentali.

A chi, come il vice Mike Pence, gli hanno fatto notare che non sarebbe possibile, se non dopo un processo, il presidente ha risposto con parole nette: “Prima disarmare e dopo il processo”. Un fatto è certo: la Casa Bianca ha sparigliato le carte, perché di solito sono proprio i presidenti repubblicani a mostrarsi contrari a una qualche forma di controllo delle armi, appellandosi al Secondo Emendamento della Costituzione, che garantisce a tutti gli americani il diritto di possederne una a scopo di difesa.

Vendita armi in crescita, USA 1/3 del mercato mondiale

Trump invoca restrizioni per le cosiddette “bump stocks”, quelle armi dotate di un dispositivo che sostituisce l’imbracciatura della spalla e che consente di spostare con una mano la canna del fucile avanti e indietro, con una capacità di centinaia di colpi al minuto. Queste tipologie di armi aggirano il divieto di vendita al pubblico di fucili automatici e semi-automatici. E se le restrizioni arriveranno, partiranno proprio da queste. Anzi, Trump intende farlo con un ordine esecutivo, ovvero bypassando il Congresso, anche se sul punto esistono numerosi dubbi sul piano costituzionale. Di certo, il presidente sta mettendo pressione inaspettata ai proprio deputati e senatori, dopo avere ricevuto dalla NRA ben 26,8 milioni di dollari come finanziamenti per la sua campagna elettorale.

Dopo le parole di mercoledì, però, è come se avesse lanciato un messaggio alla lobby delle armi, del tipo “hey, mi avete dato i vostri soldi, ma non mi avete comprato”. Pertanto, punterebbe a innalzare a 21 anni l’età minima per acquistare un’arma e a vietare la vendita a soggetti con disturbi psichici e precedenti penali.

Intanto, si sa con certezza che l’amministrazione Trump non sta portando affatto bene all’industria delle armi. Nel 2017, le vendite negli USA risultano all’incirca dimezzate. La causa sta proprio nella vittoria inattesa di Trump alle elezioni presidenziali del 2016. Quell’anno, infatti, in previsione di una presidenza Clinton, si era registrata una corsa all’acquisto di pistole e fucili sulle attese restrizioni con una Casa Bianca in mano a un’esponente democratica, percepita con idee radicali in materia. E così, 27,5 milioni di armi furono vendute, 4 milioni in più del 2015. In generale, sotto la presidenza Obama si è avuto un boom di vendite di armi, sempre per il timore di milioni di americani che da un giorno all’altro si introducesse una qualche restrizione. Tant’è che per la prima volta dopo anni, a seguito di stragi, come quelle di Las Vegas e Texas dei mesi scorsi, non si è registrata alcuna corsa all’acquisto di armi, un po’ come se gli americani si sentissero tranquilli sul fatto che divieti in futuro non ve ne sarebbero.

Americani favorevoli alle restrizioni

Negli USA, circa il 40% delle famiglie possiede un’arma, percentuale praticamente stabile negli ultimi 40 anni. Lo stato con il maggior numero di armi vendute registrate risulta il Texas con circa 588.000 nel 2016, seguito dalla California, con all’incirca la metà. La mentalità americana è questa e forse risulta non facilmente comprensibile per chi vive fuori dagli USA, tanto che si dice che la First Lady Melania, ex modella slovena, abbia detto anni fa al marito: “voi americani siete proprio fissati con le armi”.

Lo stesso Trump si è mostrato in più occasioni preoccupato sul tema, notando tra l’altro che il figlio Barron di 12 anni giochi spesso con video-game violenti. “E’ incredibile”, ha esclamato tempo fa.

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Non saranno forse le leggi a transitare l’America verso una condizione di maggiore cautela nella vendita di armi a soggetti pericolosi. Tuttavia, l’opinione pubblica starebbe cambiando approccio al tema e i sondaggi segnalano che due americani su tre oggi sarebbero favorevoli all’introduzione di restrizioni, la percentuale più alta negli ultimi 25 anni almeno. Anche tra gli elettori repubblicani si avrebbe una maggioranza assoluta favorevole e cosa ancora più interessante, sarebbero di più gli americani ad attendersi una legislazione più rigida sulle vendite sotto i repubblicani che non sotto i democratici.

L’auto-censura della corporate USA

Dal canto suo, anche la “big corporate” USA si sta muovendo. I supermercati Walmart e i magazzini Dick’s Sporting Goods hanno reagito alla crescente pressione dell’opinione pubblica con l’annuncio di restrizioni alla vendita di armi presso i propri scaffali. Entrambi hanno innalzato da 18 a 21 anni l’età minima per l’acquisto e il secondo, che possiede i 35 magazzini Fields & Stream, cesserà anche di vendere le armi d’assalto, come quella utilizzata in Florida per compiere la strage. Che alla fine sarà proprio il mercato, su pressione delle istanze dei cittadini-consumatori, a mettere un po’ di giudizio in una legislazione che presenta più di un buco?

Ma la lobby delle armi non sta a guardare e il presidente della NRA, Chris Cox, si è precipitato ieri alla Casa Bianca per incontrare Trump e il vice Pence, twittando poche ore fa un messaggio rassicurante per i boss della sua industria, sostenendo che nessuno dei due avrebbe intenzione di imporre controlli alla vendita e di andare così contro il Secondo Emendamento.

  Il presidente ha confermato che l’incontro con il lobbista sarebbe andato “molto bene”, ma nulla è trapelato sui contenuti.

Troppi omicidi in America, armi libere la causa?

L’America produce la media di 9 milioni di armi all’anno e ne importa sui 5 milioni, esportandone appena 300.000. Ciò significa che qualcosa come 14 milioni di armi all’anno risulterebbero vendute sul mercato domestico. Se in molti pensano che ciò sia almeno una forte concausa della frequenza con cui sul territorio americano avvengono stragi, bisogna ammettere che il discorso appare un po’ più complesso. Gli USA hanno un livello di criminalità inusitato per un’economia avanzata. Per ogni 100.000 abitanti, sono 3 gli omicidi all’anno compiuti, quando in Italia non si va oltre 0,8 e in Europa mediamente non si supera l’1. Le armi vendute facilmente c’entrano con questo dato o ne sono la conseguenza?

Coloro che sono contrari alle restrizioni, come il conservatore Pat Buchanan, sostengono che non avrebbe senso vietare la vendita di armi sul mercato ufficiale, perché si alimenterebbe quello nero. E a sostegno della loro tesi, affatto strampalata, portano le cifre dei criminali quotidianamente arrestati e trovati in possesso di armi non dichiarate. Insomma, spiegano, esiste una domanda e un’offerta. Il problema non sarebbe di colpire quest’ultima, ma di capire come mai gli americani siano così propensi ad acquistare un’arma. Semplice paura per un paese percepito poco tranquillo e affollato di criminali o si compra tanto perché si può? E quanto incide il diffuso possesso delle armi sui tassi elevati di omicidi all’anno?

Attenzione alle risposte preconcette. Possedere un’arma qui in America viene considerato non un diritto in sé astratto, bensì un mezzo per difendere concretamente sé e la propria famiglia e la proprietà da malintenzionati, specie considerando le ampie dimensioni del territorio nazionale, in cui molte case si trovano spesso in aree rurali non facilmente raggiungibili dalle forze dell’ordine nei casi di emergenza. Un tema complesso quelle delle armi, in cui s’intrecciano interessi espliciti di un’industria da 50 miliardi di dollari e diritti costituzionali, da molti abusati, ma che la maggioranza degli americani ritiene ancora validi. Vedremo se il presidente-tycoon, dopo avere scioccato verbalmente i suoi, riuscirà a mettere nero su bianco una qualche riforma del settore. Operazione più difficile di quanto si creda, perché a fronte di qualche repubblicano disposto a dargli sostegno, qualche democratico segnala di avere problemi a votare per eventuali restrizioni. Del resto, le elezioni di medio termine si terranno tra 8 mesi e i dollari della NRA servono a tutti.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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