Con una popolazione di circa 25 milioni di abitanti e un pil stimato di poco oltre 30 miliardi di dollari, nessuno si azzarderebbe ad affermare che la Corea del Nord sia un paese ricco. La sua economia resta esposta a rischi di carestia alimentare, come quella che nella metà degli anni Novanta provocò ben due milioni di morti. L’assenza di ogni forma di libertà anche nel campo economico aggrava lo stato di arretratezza di Pyongyang, anzi ne è la causa fondamentale, considerando che la Corea del Sud vanti un pil pro-capite di circa 23 volte più alto.
In pratica, mentre la popolazione nordcoreana vive in condizioni di privazioni, essa potrebbe godere di una ricchezza potenziale fino a 200-300 volte più alta, se solo fosse in grado di sfruttare le sue immense risorse minerarie. Una situazione del tutto simile a quella del Venezuela, altro stato di tendenze socialiste, che nonostante detenga le maggiori riserve petrolifere al mondo e un’infinità di minerali disponibili, tra cui l’oro, i suoi 30 milioni di abitanti stanno patendo letteralmente la fame.
Cina mercato di sbocco quasi unico per Corea del Nord
Nel marzo del 2016, una risoluzione dell’ONU ha imposto alla Corea del Nord il divieto di esportare minerali, una ritorsione per i suoi test militari nella regione.
Nell’agosto dello scorso anno, le autorità egiziane intercettarono nel Canale di Suez una nave carica di quasi 2.100 tonnellate di ferro proveniente dalla Corea del Nord, tra cui si nascondevano persino 30.000 granate, segno che Pyongyang cercherebbe di aggirare le sanzioni con traffici illegali di materiale a potenziale uso bellico (in favore dell’Iran?).