Scarse esportazioni, perlopiù in Cina
Ad occhio e croce, quindi, il regime dittatoriale brutale di Kim Jong-Un spenderebbe qualcosa come 7-8 miliardi di dollari per la difesa, mentre scarseggiano cibo e cure mediche. Ma come fa a finanziare la costosissima campagna nucleare, di cui abbiamo avuto prove negli ultimi mesi con il lancio di sei missili balistici?
La prima fonte di accesso alla valuta pesante (yuan, in particolare) è data dalle scarse esportazioni. Ammonterebbero a circa 3 miliardi di dollari, anche se la Corea del Nord ha una bilancia commerciale passiva.
Lavori forzati e armi fonti di entrate
Un’altra fonte agghiacciante di entrate è rappresentata dalla schiavitù. Sì, avete letto bene: la Corea del Nord utilizza i lavori forzati per fare soldi, inviando malcapitati all’estero, quasi sempre in miniere in Russia e Cina su commissione. Le condizioni in cui vivono i nordcoreani costretti ai lavori forzati sono spaventose. Alcune testimonianze riportano di assenza di igiene e di servizi privati per espletare i propri bisogni e quanti tentano la fuga vengono ammanettati e ricondotti in patria come bestie, prima di venire giustiziati.
Quello che in pochi immaginano è che la Corea del Nord le armi non solo le fabbrica, ma le esporta pure. Le entrate derivanti da questo business ammontano a circa 100 milioni di dollari all’anno. Pochi, in valore assoluto, ma pari a circa il 6,5% delle esportazioni complessive, la percentuale più alta al mondo. Chi compra le armi di Jong-Un? Secondo gli esperti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, sarebbero diversi stati africani, asiatici e del Medio Oriente.