La Corea del Nord vuole entrare nei Brics, Russia e Cina ponderano benefici e costi su Kim Jong-Un

La Corea del Nord vorrebbe entrare a far parte dei Brics, ma Cina e Russia vogliono vederci meglio sull'ingresso di Kim Jong-Un.
2 mesi fa
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Corea del Nord nei Brics?
Corea del Nord nei Brics? © Licenza Creative Commons

Ci credereste se vi dicessimo che la Corea del Nord vorrebbe entrare a far parte dei Brics? La notizia circola da alcune settimane e rappresenta una novità eclatante, se consideriamo che quello guidato da Kim Jong-Un è definito “stato eremita” per via del suo totale isolamento dal resto del mondo. Qualcosa è cambiato negli ultimi mesi. Abbiamo visto non solo il leader nordcoreano recarsi a Mosca in visita dal presidente Vladimir Putin, ma anche questi è andato a Pyongyang per siglare il patto sulla difesa che in Occidente suona molto minaccioso.

Brics club poco coeso

La Corea del Nord sostiene la Russia nella guerra contro l’Ucraina e le potenze occidentali. Secondo Seul, non si limiterebbe a rifornire l’alleato di armi e munizioni usate a scopi bellici, bensì ad inviare al fronte propri soldati. Alcuni di loro sarebbero rimasti uccisi in questi giorni. Si capisce meglio la rottura dell’isolamento con l’eventuale ingresso nei Brics. Si tratta di un’organizzazione che riunisce alcune delle principali economie emergenti, dalla Cina alla Russia, passando per India, Brasile e Sudafrica.

In comune i Brics hanno molto poco, se non l’essere ad uno stadio dello sviluppo non ancora avanzato e nutrire una certa opposizione verso l’Occidente. In alcuni, come Russia e Cina, questo sentimento è più forte ed esplicito. In altri, come India e Brasile, è molto blando. Anzi, proprio Nuova Delhi si opporrebbe all’ingresso della Corea del Nord, in quanto gode di ottime relazioni diplomatiche con Corea del Sud e Giappone, nemici di Pyongyang. Con gli stessi Stati Uniti e l’Europa intrattiene rapporti commerciali e politici importanti.

Cambio al collasso con ripresa dei commerci

L’economia in Corea del Nord dovrebbe essere tornata a crescere lo scorso anno per la prima volta dalla pandemia. Usiamo il condizionale perché Pyongyang non rilascia alcun dato su di sé.

Le stime sono effettuate con enorme difficoltà dalla Banca di Corea di Seul. Da quest’anno l’import-export con la Cina è stato riattivato dopo la chiusura delle frontiere per limitare i contagi da Covid-19 disposta agli inizi del 2020. Il vicino del nord pesa per il 98% dell’interscambio con l’estero. Dagli 1,81 miliardi di dollari nel 2017 si è scesi a 248 milioni nel 2022.

La ripresa dei commerci, tuttavia, sta ripercuotendosi negativamente sul cambio. Prima della pandemia, un dollaro valeva sugli 8.000 won. Secondo il quotidiano degli oppositori all’estero, Daily NK, adesso viaggia stabilmente sopra 16.000 won. Significa che la valuta locale si è deprezzata del 50%. E dagli inizi dell’anno avrebbe perso il 52% anche contro lo yuan cinese, passando da un cambio di 1.250 a 1.900. Evidentemente, a crescere sono solamente le importazioni. Le esportazioni non decollano, vuoi perché la produzione interna sarebbe già carente per soddisfare la domanda domestica, vuoi per l’embargo ONU.

Corea del Nord sotto embargo

Dal 2017 la Corea del Nord è sottoposta a dure sanzioni internazionali per via del suo programma nucleare. Ed è forse questa la ragione principale per cui Kim Jong-Un entrerebbe nei Brics: trovare mercati di sbocco non ostili alle proprie merci. Farebbe comodo anche a Cina e Russia. Anzitutto, perché il paese è ricchissimo di materie prime inesplorate, tra cui il litio. I loro capitali renderebbero possibili le estrazioni e potenzierebbero il loro ruolo globale sul mercato delle “commodities”. Inoltre, c’è abbondanza di manodopera a bassissimo costo. Infine, segnalerebbero il quasi pieno controllo geopolitico della regione.

C’è un problema: la Corea del Nord è impresentabile. La violazione dei diritti umani è tale da fare impallidire russi e cinesi. Al confronto, Mosca e Pechino sono la patria delle libertà. I satelliti occidentali hanno dimostrato che esistono campi di concentramento in cui verrebbero recluse centinaia di migliaia di prigionieri politici sottoposti a ogni forma di tortura fisica e psicologica.

Non esiste alcun diritto per i cittadini nordcoreani. Anche solo ascoltare musica o guardare un film straniero equivalgono a una condanna a morte. Nessuna connessione ad internet per impedire l’accesso ai siti di informazione libera. Un inferno sulla Terra.

Prestiti vera tentazione per emergenti

Ai Brics non interessa granché questo discorso. Cina e Russia, che ne sono leader di fatto, non si fanno scrupoli nel violare i diritti basilari dei loro cittadini. E non sono certamente democrazie. Quella russa è solo di facciata. Ma essi temono che l’Occidente avrebbe buon gioco nel dipingerli come un club di debosciati e violenti. Questa è una fase delicata. Molti paesi stanno guardando a un’alternativa all’Occidente, specie dopo le pesanti sanzioni inflitte a Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina. Serve attirare la massima fiducia e non far serpeggiare il dubbio tra i non allineati che, in fondo, americani e alleati abbiano ragione.

La principale tentazione dei Brics si chiama Nuova Banca per lo Sviluppo, una sorta di alternativa al Fondo Monetario Internazionale. Essa si sta facendo spazio in Asia, Africa e America del Sud. Prestiti a condizioni non particolarmente gravose in cambio dell’accesso dei capitali cinesi e russi alle infrastrutture locali. Alla Corea del Nord un po’ di liquidità non farebbe male, essendone a corto e non potendo così neppure importare i beni necessari per potenziare la produzione interna e soddisfare le esigenze primarie della popolazione.

Ingresso nei Brics non vicino

Ma Kim Jong-Un deve rendersi meno impresentabile agli occhi del mondo. Il guaio è che il dittatore stesso non si fida dell’alleato cinese. Dotarsi del nucleare non è solo una minaccia esplicita contro gli Stati Uniti e i partner nell’area del Pacifico. Serve anche ad ammonire Pechino circa ciò di cui la sua Corea del Nord sarebbe capace se solo immaginasse di liquidare i vertici del suo regime per estendere il proprio controllo.

L’ingresso nei Brics per il momento resta un miraggio.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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